MADRID – Per la polizia e la questura la partita non era a alto rischio. E forse anche per questo gli ultras di Atletico e Deportivo hanno avuto pochissimi problemi a incontrarsi e picchiarsi prima dell’arrivo delle forze dell’ordine.
“Né la polizia né i club” Atletico Madrid e Deportivo La Coruña “hanno rilevato” la presenza di gruppi di ultras radicali, coinvolti nei violenti incidenti di ieri nei dintorni dello stadio Calderon, “né hanno informato della loro mobilitazione”. E’ quanto ha assicurato oggi in dichiarazioni a radio Cadena Ser il prefetto di Madrid, Cristina Cifuentes.
La delegata del governo a Madrid ha riconosciuto che, “se la partita fosse stata considerata di alto rischio” probabilmente si potevano evitare gli incidenti precedenti alla partita, in cui è morto il tifoso ultras del Deportivo Francisco Javier Romero Taboada, di 43 anni, padre di un bimbo di 4 e di un ragazzo di 19 anni, picchiato e gettato nel fiume Manzanares.
La Cifuentes ha riconosciuto che i gruppi di ultras delle opposte tifoserie del Frente Atletico e dei Riazor Blues “non si sono incontrati casualmente”, ma che si erano sfidati attraverso i social network per la partita al Calderon. “Se si fosse qualificata ad alto rischio, si sarebbe attivato un dispositivo di prevenzione molto superiore”, ha assicurato il prefetto, secondo il quale “non si sapeva che gli ultras sarebbero arrivati negli autobus”.
Per la partita di domenica gli agenti di polizia mobilitati non superavano le 150 unità, secondo fonti di polizia citate dai media. Il bilancio della battaglia campale, scoppiata poco prima delle 9 nella zona di Madrid Rio, è stato di un morto, 13 feriti e 21 arresti.
Foto LaPresse