ROMA – Magrissima e sofferente. Con le gambe malferme e un’espressione del muso che dice tutto. Dalla fotografa Kerstin Langerberger arriva uno scatto più efficace, a livello emotivo, di decine si studi. Il soggetto della foto è un orso polare femmina che nulla ha della maestosità e della forza che comunica l’orso bianco.
Langerberger quella foto l’ha messa sul suo profilo Facebook e si è ovviamente scatenato il dibattito. Colpa dell’uomo, dei cambiamenti climatici, dei ghiacci che in Antartide arretrano sempre di più. Sul Corriere della Sera una analisi attenta viene dall’etologo Danilo Mainardi:
Lasciando un momento da parte la partecipazione emotiva, affrontiamo razionalmente il problema. Si chiamano in causa il cambiamento del clima e il riscaldamento globale del Pianeta come fattori responsabili del declino delle popolazioni di orso bianco. Perché la riduzione della superficie del pack mette in difficoltà la caccia degli orsi alle foche, che costituiscono le loro prede principali. Perché il ghiaccio che si ritira sempre più blocca le femmine a terra dove crescono i loro piccoli e da dove non riescono più a raggiungere il pack, sempre più ridotto, sottile e lontano. Molti cuccioli non ce la fanno, molte mamme si riducono come l’esemplare della foto. Che, appunto, è una femmina.
Lo stesso Mainardi avvisa: una foto di un singolo esemplare, per quanto toccante, non è una prova. Potrebbe essere un esemplare anziano o malato per motivi che nulla hanno a che fare col cambiamento climatico. Eppure, secondo l’etologo:
non possiamo non rilevare che in Nord Canada e Alaska si è avuto un calo del 40% di orsi in soli 9 anni, dal 2001 al 2010.
Insomma, credo meriti attenzione quanto documentato da appassionati, gente comune o documentaristi di professione. Sono importanti i numeri, ma, ovviamente, è altrettanto importante lo stato di salute delle popolazioni e, in regioni così sensibili al riscaldamento globale, ogni segnale, anche quello di un solo individuo, va colto, valutato e considerato.