“Il regime renziano fa fuori chi è libero e non la pensa come lui, ai tempi di Berlusconi e di Mussolini questa roba si chiamava fascismo. Altro che Partito democratico”,
ha scritto il cantante su Facebook. Lo spunto era il polverone di polemiche sollevato dalle sue dichiarazioni lanciate dal palco del concertone del primo maggio a Roma. In quell’occasione Pelù aveva criticato gli 80 euro in più in busta paga voluti dal governo Renzi, liquidandoli come “elemosina”, e aveva definito il presidente del Consiglio “boy scout di Licio Gelli”. Lo storico frontman dei Litfiba è tornato all’attacco scrivendo su Facebook:
“Le camicie nere del governo Renzi in questi giorni mi hanno bastonato duro per aver osato parlare di mafie italiane, di voto di scambio, di corruzione, di spese allucinanti e inutili che rubano risorse enormi alla scuola, alla sanità e alle famiglie che invece (e saranno poche) si dovranno accontentare dei famosi 80 euro (ne meritano molti di più, è chiaro ora il mio pensiero?) per continuare a sperare e sopravvivere”.
“Ha scritto uno degli articoli più palesemente subdoli, faziosi, deliranti e psichedelici degli ultimi anni proprio su di me infarcendolo di bugie, falsità e inesattezze tanto da sembrare una triste battuta dall’inizio alla fine”.