ROMA – “Il romanzo del potere al telefono” lo ha definito Massimo Giannini su Repubblica, Sabina Guzzanti, dalle pagine del Fatto Quotidiano scrive “Noi burattini appesi alle telefonate dei potenti”. Le telefonate dei potenti, quelle tra il ministro Cancellieri e i Ligresti e quelle “del sistema” Berlusconi” che “telefonò in questura per far rilasciare una minorenne del suo giro di prostitute”.
Ma cosa hanno in comune i due casi?
Nella realtà, Ligresti e Berlusconi – scrive Sabina Guzzanti – hanno in comune solo che diversi collaboratori di giustizia sostengono che entrambi avrebbero iniziato le loro carriere di costruttori coi soldi di Cosa Nostra. Hanno anche in comune, a dire il vero, il tono delle sentenze che li condannano: in una Ligresti viene definito “persona adusa alla corruzione e all’intrallazzo”, in un’altra si parla di Berlusconi come di un criminale recidivo.
La Cancellieri si doveva dimettere?
Sono convinta con tutto il cuore che la Cancellieri se ne dovrebbe andare e il fatto che resti è l’ennesima dimostrazione di arroganza della classe politica. Allo stesso tempo, sono consapevole che ne stiamo parlando da giorni in virtù di una strumentalizzazione. Siamo, io credo, perfettamente consapevoli di poter discutere solo di alcuni temi che ci vengono dati in pasto, come si getta il cibo agli animali in cattività. I temi a cui ci appassioniamo non riguardano mai le nostre priorità. Le questioni prioritarie nel dibattito pubblico non entrano mai, vengono a malapena nominate sotto forma di lagnanze: ben altri sono i temi, ecc. La partecipazione è del tutto piegata alle regole del business e del potere, anche quando vorrebbe essere contropotere. L’opinione pubblica, la società civile in questo Paese è paralizzata e impotente, come lo sono gli altri ambiti della nostra società. Dobbiamo trovare un sistema per spezzare questo meccanismo in cui più ci illudiamo di partecipare, più ci muoviamo come burattini. E la rete per ora, nel nostro caso, non fa che esasperare questo meccanismo.