ROMA – Ferrari, denti d’oro, donne. Sono i video di Adidja Palmer, soprannominato, a seconda del periodo, delle situazioni Vybz Kartel, GAZA o Addi Da Teacha, una star giamaicana della dancehall e del ragamuffin rap. E poi ci sono anche le pistole, quelle vere, non quelle dei video.
Vybz Kartel è infatti stato giudicato colpevole di omicidio lo scorso 14 marzo. Lui e tre coimputati sono stati giudicati responsabili dell’omicidio di un loro socio, Clive Lizard Williams, ucciso durante una lite scoppiata dopo la sparizione di alcune armi detenute illegalmente. Fuori dal tribunale di Kingston le transenne per bloccare i fan di Vybz Kartel.
I media locali riferiscono che l’udienza dibattimentale del suo processo, durata 65 giorni, è la più lunga nella storia del sistema giudiziario della Giamaica.
L’omicidio di Clive Lizard Williams.
Da dieci anni Vybz Kartel si era trasformato in The Gaza Emperor, re delle dancehall, e uno dei tanti principi delle strade criminali di Kingston. Clive Lizard Williams lo avevano trascinato a casa di Vybz Kartel , accusato di aver rubato due pistole dal “deposito personale” della crew. Era l’agosto 2011. Clive Lizard Williams pagò con la morte lo “sgarro”. Il corpo non fu mai trovato. Ad incastrare Vybz Kartel alcuni sms spediti a Clive Lizard Williams e Shawn Campbell, uno dei suoi guardaspalle.
Le dancehall e il ragamuffin rap
Da anni a Kingston il poeta maledetto (come scrive il Manifesto) Kartel si sfida a suon di rime con Mavado, il leader dellacrew rivale, la Gully label. Kingston l’epicentro dello scontro tra periferie degradate, violenza, sesso e dancehall.
Come racconta Falvio Bacchetta del Manifesto:
Al turista che assiste per la prima volta a uno spettacolo di Dancehall, lo scenario può apparire come la versione caraibica dell’inferno dantesco, anche grazie alle luci stroboscopiche, il rullo ossessivo delle drum machines (percussioni elettroniche) e i mixer digitali che robotizzano la voce del cantante. Giovani e adulti si scatenano in balli che mimano l’atto sessuale, il back shot, la nostra «pecorina».
Signore e signorine, strizzate da corpetti minuscoli che fanno scoppiare i seni e pantaloni attillati di pelle urlano a pieni polmoni, e più i testi sono volgari più si divertono, arrivando sovente a invadere il palco, mentre le più ardite cercano di toccare il pene dell’artista. Soprattutto quando questi si chiama Kartel, che ha sostituito Beenie Man nel ruolo di sex symbol ideale. È comunque un gioco, e non bisogna prenderlo troppo sul serio, anche perché la tensione cova sempre, basta magari un pestone accidentale, o una bottiglia di birra versata addosso a qualcuno, per provocare risse da far-west.
Lo star system però è anche ciò che ha rovinato Kartel; negli ultimi anni, oltre a trasportare nella vita privata la finzione delle canzoni, l’artista si è schiarito la pelle, il famigerato bleaching che alle origini disprezzava, additandolo come un retaggio della schiavitù. Kartel lascia ora un’eredità pesante ai suoi allievi, i discepoli del Teacha, che escono dalla fucina di talenti che ha creato dal nulla la posse di Gaza: Pop Caan, Jah Vinci, Tommy Lee Sparta, e l’ultimo arrivato, Alkaline, che allo stato attuale è ai vertici delle classifiche. Anche se Kartel continua a scrivere per loro i testi anche dalla cella.
Se le voci che girano nei corridoi della Corte saranno confermate, il 27 marzo, con una condanna a vent’anni non gli resterà molto altro da fare.
(foto YouTube)