Il neoliberismo, dopo aver generato la crisi, è riuscito paradossalmente a trasformarsi nel suo presunto antidoto, cioè nell’unica legge di sopravvivenza delle democrazie esauste d’Occidente, diventando nei fatti la religione superstite, una moderna ideologia. Non c’è oggi un confronto culturale in atto, nei nostri Paesi. Non c’è una cultura capace di coniugare capitale, lavoro, responsabilità fuori dal paradigma che ha fallito, ma domina ancora il campo. Le destre non hanno elaborato cultura, declinando il modello dominante in un laissez faire smodato nel campo privato, politico, istituzionale.
La sinistra scambia la modernità con il senso comune altrui, in cui nuota controcorrente, da gregaria. L’establishment lucra quel che può dalle rendite di posizione della fase, incapace di guardare oltre. La tecnocrazia, impegnata in una necessaria azione di risanamento e in una nuova forma politica di rispetto delle istituzioni, soffre tuttavia di una specie di “integralismo accademico” che la porta a privilegiare i paradigmi scolastici rispetto alla realtà, salvo prendere atto periodicamente che il governo di un Paese moderno per fortuna non è un convegno di Cernobbio.
Ezio Mauro, “Un deficit di libertà”, La Repubblica, 16 novembre 2012
