Tutti si precipitavano a vederti quando apparivi in pubblico e le donne ti seguivano con gli occhi voltando indietro il capo quando ti incrociavano per la via […] Quale regina, quale donna potente non invidiava le mie gioie e il mio letto? Avevi due cose in particolare che ti rendevano subito caro: la grazia della tua poesia e il fascino delle tue canzoni, talenti davvero rari per un filosofo quale tu eri […] Eri giovane, bello, intelligente (Eloisa, Lettera ad Abelardo)
Abelardo ed Eloisa sono una coppia amorosa che fa parte dell’immaginario collettivo europeo, come Tristano e Isotta, Paolo e Francesca, Romeo e Giulietta, ma rispetto alle altre vicende ha un maggior fondamento storico. Lei era la più bella e colta tra le fanciulle di Parigi del XII secolo; lui era il più illustre tra gli studiosi della sua epoca. Tra di loro scoppiò un’ardente passione, dove si intrecciarono ragione e religione.
Pietro Abelardo, chierico e brillante insegnante di teologia, dal 1113 insegna in una scuola sul colle di Santa Genoveffa (Sainte Geneviève). Quando conosce Eloisa ha 39 anni. Eloisa nasce nel 1099 nell’Ile de la Cité di Parigi (la città all’epoca conta circa ventimila abitanti). Adolescente, viene affidata al fratello di sua madre, il canonico Fulberto. Studia nel convento di Argenteuil con esiti straordinari. Attende con eccezionale impegno alle arti liberali (dalla grammatica alla retorica, fino alla geometria e all’astronomia), padroneggia il latino, il greco e l’ebraico. Pietro il Venerabile, il celebre Abate di Cluny, la più grande e importante abbazia d’Europa, scrive di lei che, studentessa, era “celebre per erudizione”.
La loro storia ha inizio nel 1116 nella capitale francese.
Eloisa che non ha ancora compiuto diciassette anni; suo zio Fulberto decide che la sua cultura sarebbe stata ulteriormente arricchita delle lezioni del più celebre maestro di Parigi, il bretone Abelardo che ha fondato una scuola ora famosa sulla collina di Sainte Geneviéve. È maestro di logica, filosofo e teologo (sembra che per primo abbia usato il termine “teologia”). Abelardo si innamora perdutamente della sua allieva. «Eloisa aveva tutto ciò che più seduce gli amanti» – scrive Abelardo, che per starle più vicino chiede addirittura di andare a pensione da Fulberto. Il canonico, ingenuamente, accetta con entusiasmo di avere sotto il suo tetto il maestro più insigne di Parigi quale insegnante della nipote.
Ben presto anche la fanciulla si arrende alla passione. «Col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all’amore, lo studio delle lettere ci offriva quegli angoli segreti che la passione predilige. Aperti i libri, le parole si affannavano di più intorno ad argomenti d’amore che di studio, erano più numerosi i baci che le frasi; la mano correva più spesso al seno che ai libri… il nostro desiderio non trascurò nessun aspetto dell’amore, ogni volta che la nostra passione poté inventare qualcosa di insolito, subito lo provammo, e quanto più eravamo inesperti in questi piaceri tanto più ardentemente ci dedicavamo a essi senza stancarci».
Se la passione di Abelardo era solo erotismo, per Eloisa era amore pieno e dedizione assoluta: «Al mio signore, anzi padre, al mio sposo anzi fratello, la sua serva o piuttosto figlia, la sua sposa o meglio sorella… ti ho amato di un amore sconfinato… mi è sempre stato più dolce il nome di amica e quello di amante o prostituta, il mio cuore non era con me ma con te».
