Bertoldo 3. Incontro con l’Arciduca – atto primo (seguito)

Gino Nebiolo, giornalista e scrittore, ha fatto rivivere Bertoldo ai nostri tempi. Anche se è rimasta la cornice di una corte (granducale e non regale come nel soggetto originale), tutti i riferimenti sono esplicitamente contemporanei. Bertoldo è sempre quel “contadino rozzo di modi ma di mente acuta, che finisce per diventare consigliere del re”, secondo la definizione di Wikipedia, ma fatti, personaggi, circostanze sono chiaramente di oggi.

BERTOLDO: D’accordo sull’ubriachezza, che non piace a nessuno. Gli ubriachi fanno pena o fanno ridere. Uno ne ho incontrato venendo qui, seduto sul marciapiede e non riusciva più a sollevarsi. Dato che la terra gira, borbottava, aspetto che la mia casa mi passi davanti. Il vino vuole misura ma non è mai stata bevanda proibita. Del resto lo bevevano gli apostoli e lo stesso Gesù… Ricorderai certamente, magnanimo Signore, che San Benedetto prescriveva ai suoi monaci sette ore di lavoro in vigna e nella Regula concedeva di bere vino…

ARCIDUCA: … Poi San Benedetto seppe di certi monaci che ne approfittavano e completò la Regula raccomandando che non si “introducesse mai sazietà o ebbrezza”. E Papa Gregorio IX comminò addirittura la scomunica agli ubriaconi…

BERTOLDO: Se tu mi attacchi con Papa Gregorio io ti rispondo con San Venceslao che nell’anno 900 piantò con le proprie mani vigneti sulle colline di Praga. Rispondo con San Carlo Borromeo che forniva di vini la Curia romana e per farli viaggiare li muniva di salvacondoti autografi. Rispondo con Dom Perignon, quel monaco benedettino che nei silenzi dell’abbazia di Hautevillers escogitava il metodo per fare lo champagne. Rispondo con padre Michel Lenoir il più applaudito predicatore del Cinquecento che dal pulpito così si esprimeva: “Il vino bianco dà la speranza di andare in paradiso, il rosso dà la saggezza”. Rispondo con i canonici di Snt’Ambrogio di Milano che nel 1149 fecero uno sciopero per ottenere dall’abate pasti con tre portate e vini di qualità. Rispondo con i canonici di San Nazaro che chiedevano per i giorni di magtro “bonum panem frumentinum et bonum vinum sine fraude” cioè non annacquato. Rispondo con Papa Paolo III Farnese, quello sì che se ne intendeva: forte come una quercia, vorace scopritore di nuovi vini, bevitore insaziabile forse anche con qualche cedimento alla ebrietas e alla vinolentia deprecate da San Benedetto. Nei viaggi pastorali a metà del 1500 si faceva accompagnare dal Bottigliere Vaticano di nome Sante Lancerio, che usava tenere un diario sui gusti e le preferenze del Pontefice. Per esempio, trattando di una sosta nel regno di Napoli e degli assaggi del vino Greco di Somma, il diario annota: “Sua Santità usava beverne di continuo ad ogni pasto, quando era nella perfettione et anchora ne voleva nelli suoi altri viaggi. Sì perché tale vino non pate di travaglio, sì perché ne volea per bagnarsi gli occhi, et anco per bagnarsi le parti virili, ma volea che fosse di 6 od 8 anni, che era più perfetto”.

ARCIDUCA: (arrossendo sempre violentemente e balbettando). Vuoi dire che il vino serve anche per certi lavacri?

BERTOLDO: Non lo dico io. Lo dice un Papa in persona!

ARCIDUCA: (con imbarazzo). Non discuto. Però mi lascerai menzionare il grandissimo poeta Petrarca che aveva il vino in gran terrore, vi vedeva “la cagione di tutti i mali dell’uman genere” ed enumerava un lungo elenco di sventure: omicidi, tradimenti, rovine di Stati, battaglie perdute a causa del troppo vino bevuto.

BERTOLDO: Allora diciamola tutta, Signore. Che l’astemio Petrarca era, come uomo, un bel tristo personaggio. Malinconico, scolorito, pieno di doloretti. Tanto che il suo medico Dondi visitandolo nell’eremo di Arquà se ne preoccupoò scrivendogli: “Per un caso come il tuo non sono necessarie molte medicine. Cessa di bere solo acqua e tieni in debita considerazione il vino”.

ARCIDUCA: Vi sono miliardi di persone al mondo che per ragioni religiose hanno abolito il vino. I musulmani lo ritengono pipì del diavolo, roba da mandare direttamente all’inferno…

BERTOLDO: Tutti i musulmani? Non direi. Il massimo poeta persiano Omar Kayyam vissuto nell’Anno Mille, pur essendo un buon credente nel Corano, i versi migliori li ha dedicati al vino… “Bevi del vino – per metter fine alle inquietudini del tuo cuore” e ancora: “Una sorsata di vino è preferibile al governo di un impero, una coppa è preferibile ai migliori cibi, il sospiro che sfugge di mattino dal petto di un uomo che ha bevuto vino è più conciliante dei lamenti del povero re Adhem”. E non vorrai privarmi della gioia di citare Abu Nuwais, arabo contemporaneo di Carlo Magno, poeta un poco sporcaccione che amava indifferentemente giovanette e giovanetti ma soprattutto amava il vino: “Bevi il vino chiaro come gli occhi di una gazzella, il vino dorato sa donarti allegria …”. D’altronde il Libro sacro dei musulmani dice che chi avrà la fortuna di salire un giorno in Paradiso vi troverà oltre a tutte le altre meraviglie, “fiumi di vino delizioso”, vedi il Corano, sûra 47, verso 16.

ARCIDUCA: Mi hai stancato con queste chiacchiere. Basta così. Alziamo il livello del discorso. Libri, non ne leggi mai?

BERTOLDO: “Le Mille e una notte”.

ARCIDUCA: Bravo. E quale storia ti è piaciuta di più?

BERTOLDO: Alì Babà e i 40 denunciati per concussione… Tu non ci crederai ma ho visto e udito il tuo Ministro della Guerra mentre consegnava al capo di Stato Maggiore un biglietto. Era la lista della spesa: cannoni 25, mortai 90, carri armati 3, aerei da caccia 1, munizioni per kalashnikov tonn. 2500… e gli diceva: Adesso vai al mercato e se scopro che fai la cresta o ti prendi la tangente hai finito di vivere…

ARCIDUCA: Mi dai tanto l’idea, cafone mio, di non essere politicamente corretto…

BERTOLDO: Ma non sono nemmeno politicamente corrotto…

ARCIDUCA: Ti stai infilando su un sentiero minato, villano mio. Meglio che cambi argomento.

BERTOLDO: Vuoi dire che corro il rischio di ricevere un avviso di garanzia? Ho i cassetti pieni, di garanzie: quella del frigorifero, della lavastoviglie, dello spremilimoni, del televisore… Una più una meno…

ARCIDUCA: Commenta la lentezza della Giustizia.

BERTOLDO: Campa cavillo…

ARCIDUCA: Questi processi per mafia occupano ormai le pagine dei giornali… I pentiti, poi, costituiscono un vero dilemma: sono utili o no?

BERTOLDO: Non saprei rispondere. Di preciso mi risulta che questa categoria è molto devota e ha persino una sua preghiera: l’atto di dolore del mafioso pentito.

PREGHIERA DEL PENTITO”

VOCE NARRANTE: Ci troviamo nell’ufficio di un Pubblico Ministero. Il mafioso pentito è inginocchiato dinanzi al magistrato.

MAFIOSO PENTITO: Sostituto Procuratore mio, mi pento con tutto il cuore dei miei reati. Li odio e li detesto come offesa al Codice penale, causa della morte di alcune decine di innocenti e mia personale rovina. Non voglio più commetterne in avvenire, denuncio amici e nemici, a vostra discrezione e conforme alle vostre necessità. Propongo di non pentirmi del mio pentimento. Sostituto Procuratore mio, misericordia, perdonatemi.

ARCIDUCA: Dopo che il mafioso è stato perdonato e inserito nel programma dei collaboranti, che accade?

BERTOLDO: A scelta, o è veramente pentito e allora racconta tutto e una volta per tutte, si fa la plastica facciale, cambia nome ed emigra con la famiglia in un angolo appartato dello Zimbabwe. Oppure è pentito così così e dopo avere rilasciato a rate le richieste deposizioni e intascati in contante premi, prestiti e stipendi per sè e famiglia non cambia nè faccia nè nome. E neppure mestiere: continua come prima a spacciare droga e a eliminare rivali.

ARCIDUCA: E la polizia?

BERTOLDO: Si morde i pugni.

ARCIDUCA: Nonostante?

BERTOLDO: Nonostante la sua solerzia

ARCIDUCA: Come è la Giustizia?

BERTOLDO: Severa. Sorda.

ARCIDUCA: Gli avvocati?

BERTOLDO: Di due tipi: quelli che conoscono bene il Codice e quelli che conoscono bene il giudice.

ARCIDUCA: Le udienze del processo?

BERTOLDO: Drammatiche. Convulse. Ricche di colpi di teatro.

ARCIDUCA: I rappresentanti della difesa?

BERTOLDO: Scaltro. Eloquenti. Verbosi. Martellano il testimone.

ARCIDUCA: Il PM?

BERTOLDO: Implacabile.

ARCIDUCA: Tanto da suscitare?

BERTOLDO: Tanto da suscitare le vibrate proteste della difesa.

ARCIDUCA: La sua arringa?

BERTOLDO: Scaltra. Eloquente. Verbosa. Martella l’imputato.

ARCIDUCA: La sentenza quando è prevista?

BERTOLDO: Per la fine del secolo.

ARCIDUCA: Questo secolo?

BERTOLDO: Il prossimo.

ARCIDUCA: Sulla Giustizia…

BERTOLDO: Sulla Giustizia avrei qualcosa da aggiungere. Ho fatto un sogno…

ARCIDUCA: Come Martin Luther King?

BERTOLDO: Dopo avere letto tutti i libri scritti da egregi cronisti sulle Caste, e la Casta dei politici, e la Casta dei sindacalisti, e la Casta dei giornalisti, e la Casta degli avvocati, dei medici, dei notai, dei farmacisti, dei gommisti, dei baristi, delle ostetriche, ho sognato che qualcuno di quegli eccellenti segugi aveva scritto anche un libro sulla Casta delle Toghe. Sai quanti episodi spassosi, e magari scandalosi avrei trovato in quelle pagine? Purtroppo il libro non c’era. Qualche volume in verità circola, ma acqua di rose e nessun nome… Mi chiedo come mai…

ARCIDUCA: Te lo chiedi? Sei proprio ingenuo.

BERTOLDO: Hanno paura delle ritorsioni? Possono denunciare gli errori e le colpe dei politici e di tutti gli altri della cosidetta società civile ma non se la sentono di rivolgersi ai magistrati?… Che abbiano un filo di tremarella? Paura di rompere un tabù? Paura di venire prima o poi intercettati?

ARCIDUCA: Le intercettazioni sembrano esser diventate l’ingrediente indispensabile delle indagini giudiziarie. O no?

BERTOLDO: Le intercettazioni intese nel senso di ascolto dei colloqui di persone sospette o presunte tali con l’ausilio di ordigni elettronici o del semplice orecchio umano?

ARCIDUCA: Quelle.

BERTOLDO: Come le preferisci, Signore? Ambientali o telefoniche?

ARCIDUCA: Le due.

BERTOLDO: Saggio di intercettazione ambientale.

“L’APERITIVO”

VOCE NARRANTE: Un bar. Entrano due clienti abituali e vanno a sedere al solito tavolino. Ordinano aperitivi con olive e continuano a conversare a bassa voce. Il cameriere serve e si allontana.

UNO DEI DUE CLIENTI ABITUALI (richiama il cameriere): Ragazzo, cambiaci le olive. Non hanno il microfono.

ARCIDUCA: Devo avere letto qualcosa di simile sui giornali, il microfono nascosto tra gli stuzzichini… Ma se poi il cliente è distratto e se lo mangia?

BERTOLDO: Buon appetito. Per la intercettazione telefonica ho un altra commediola intitolata

“PROVA DI VOCE”

VOCE NARRANTE: Un ufficio deserto. Entra il Sospettato dalla Giustizia. Osserva con apprensione le pareti, il soffitto, il lampadario, l’abat-jour. Infine alza il telefono.

IL SOSPETTATO: (al telefono) Uno-due-tre… prova di voce… Uno-due-tre… prova di voce… Va bene questo tono, maresciallo per la sua registrazione, o devo alzare il livello?

ARCIDUCA: (rimane qualche istante in silenzio)

BERTOLDO: Non riesco a seguirti, fammi il favore di pensare più lentamente.

ARCIDUCA: Pensavo che oggi più che essere conta avere, e più che avere conta apparire.

BERTOLDO: Come no! Soltanto i toreri, i giocatori di basket, i fotografi e qualche cameraman riescono a lavorare rinculando. Fotografi e cameramen precedono a ritroso il Personaggio, in apparenza riluttante a farsi ritrarre (il Politico scortato dalle guardie del corpo all’uscita dal Consiglio dei Ministri, l’Assassino anch’egli tra due sbirri, il Magistrato che percorre il corridoio del Palazzo di Giustizia, il Generale che passa in rassegna la truppa). Potrebbero riprenderlo con comodo e senza tante contorsioni se non fosse d’obbligo la messa in scena della riluttanza. Il Personaggio deve far mostra di accettare quella tortura per spirito di servizio. Quando capita che fotografi e cameramen siano in ritardo, allora il Personaggio rallenta il passo e li aspetta. E quando proprio nei dintorni non c’è ombra di fotografi e cameramen, Politico, Assassino, Magistrato, Generale si sentono perduti, che succede? non interesso dunque più? la mia vita non ha più un senso?

ARCIDUCA: Sei amaro, bifolco. Non trovi nulla di buono nel lavoro dei politici?

BERTOLDO: Non sono amaro, Signore. Caso mai, metto il dito nell’ovvio. Però quando devo lodare, lodo. Per esempio trovo confortante la statistica fornita dal mio Sindaco. Dacchè il Comune ha completamente chiuso il centro della città al traffico automobilistico, nel centro della città gli incidenti d’auto sono scesi dello 0,83 per cento.

ARCIDUCA: In quale stagione politica ci troviamo?

BERTOLDO: Una stagione di speranze.

ARCIDUCA: Chi lo dice?

BERTOLDO: I nuovi politici.

ARCIDUCA: E la gente ci crede?

BERTOLDO: No, e nemmeno i nuovi politici.

ARCIDUCA: E chi sono questi nuovi politici?

BERTOLDO: Quelli di sempre.

ARCIDUCA: Certi nuovi politici sostengono che bisogna cambiare.

BERTOLDI: Bene, incominciamo da loro.

ARCIDUCA: E il rapporto dei politici con i mezzi di comunicazione, come lo consideri?

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Marco Benedetto