ARCIDUCA: Non hai niente di più allegro?
BERTOLDO: Non vedo niente di più allegro di un cattivo amore che finisce. Vorrei fornirtene un altro esempio. Permetti?
ARCIDUCA: Sia.
BERTOLDO: Scendo dall’autobus e mi càpita sotto i piedi una cassetta sonora. Ha un adesivo con un nome: Marisa. M’incuriosisco e la porto a casa. E’ la cassetta di una segreteria telefonica. Sempre la stessa voce di donna, dev’essere quella Marisa. «Ti amo, Sergio». Altro messaggio. «Ti lascio. Vediamoci un’ultima volta. Mi trovi a questo numero». Altro. «Sergio sei un pidocchio. Mi hai trattata come una schiava. Non farti più vedere. Mascalzone». Altro. «Perchè non mi chiami più? Che cosa ti ho fatto?» (piangendo). «Ultimo avviso. Se stasera non ti trovo sotto l’ufficio, alle cinque in punto, mi sciacquo la bocca con i tuoi amici. E tu sai che ho cose tremende da raccontare…». Potrebbe essere un dramma e suscitare pietà, non fosse per l’accento marcatamente piemontese della donna, le “e” e le “o” smisurate, la mancanza di doppie, la cadenza che i comici televisivi per fare ridere accentuano. Muoio dal desiderio impossibile di sentire lui, se ha risposto, che cosa ha risposto. Chiunque trovi la cassetta sonora della segreteria telefonica con le chiamate di Sergio è pregato vivamente di farmela avere, anche soltanto in pre-stito.
ARCIDUCA: Ti concedo ancora un episodio di crisi familiare.
BERTOLDO: Concedimene due. Dopo un’ennesima lite la donna si rivolge al marito e gli grida: «Io rimango in questa casa soltanto perchè il televisore è al plasma a 60 pollici»
ARCIDUCA: E il secondo?
BERTOLDO: Va a trovare la moglie gravemente am-malata in ospedale. Le ha portato un giornale e una stecca di caramelle con il buco. Dopo pochi minuti: «Devo andare» dice «ho la macchina in doppia fila».
ARCIDUCA: Tutto questo mondo grigio e ipocrita… L’amore finisce quando non ci si piace più..
BERTOLDO: Piacere sempre e piacere a tutti non riesce nemmeno alla pizza Margherita.
ARCIDUCA: Ma non piacere all’Arciduca può costare facile facile una condanna a morte.
BERTOLDO: Per impiccagione?
ARCIDUCA: Proprio così: per impiccagione.
BERTOLDO: Allora non vorrei che al povero boia ac-cadesse ciò che è accaduto a un boia amico mio. Ho ridotto la sua storia in una sintetica commedia dal titolo
“SULLA FORCA”
VOCE NARRANTE: La piazza di un villaggio. In fondo il patibolo pronto per l’impiccagione del condannato. Folla di sfaccendati, tricoteuses, venditori di dolciumi e rinfreschi, ragazzini che hanno marinato la scuola. Il Boia fa salire il condannato sullo sgabello e gli infila il cappio al collo. Vibra il calcio allo sgabello per eseguire l’impiccagione ma lo sgabello non si muove. Riprova ma lo sgabello è irremovibile. Continua a riprovare provocandosi forti dolori al piede, inutilmente, tra l’impazienza delle autorità e del pubblico che rumoreggia. Alla fine, rivolto alla folla:
IL BOIA: Se metto le mani sull’imbecille che ha inchiodato ancora una volta al pavimento lo sgabello del condannato, parola mia, lo impicco!
