Bertoldo 1. Incontro con l’Arciduca – atto primo

Gino Nebiolo, giornalista e scrittore, ha fatto rivivere Bertoldo ai nostri tempi. Anche se è rimasta la cornice di una corte (granducale e non regale come nel soggetto originale), tutti i riferimenti sono esplicitamente contemporanei. Bertoldo è sempre quel “contadino rozzo di modi ma di mente acuta, che finisce per diventare consigliere del re”, secondo la definizione di Wikipedia, ma fatti, personaggi, circostanze sono chiaramente di oggi.

Nebiolo, padre di questa riedizione ambientata nel XXI secolo, è stato inviato speciale per la Stampa, il Giorno, la Gazzetta del

Popolo, oltre che per vari programmi culturali della Rai.

Ha diretto alcune stagioni della rubrica Tv7, è stato direttore del Radiocorriere ed ha lavorato come corrispondente del Tg1 a Madrid, Pechino, il Cairo, Beirut e Parigi.

E’ autore di numerosi saggi, di un romanzo su Evita Peron (“La seconda vita”), e di uno, “Ucciderò Cristoforo Colombo”, tradotto in Spagna e Francia.

E’ imminente la pubblicazione del saggio storico “Soldati e spie – 1045: le mani di de Gulle sull’Italia”.


Quattrocento anni fa Bertoldo riuscì a gabbare il suo amato sovrano, dopo aver preso per il bavero governo, cortigiani, istituzioni e messo il dito sui vizi della società. Più o meno la stessa cosa succede oggi al discendente in jeans dell’antico bifolco. Questo libro a forma di dialogo ne raccoglie i detti e le avventure, le disavventure

ATTO PRIMO

(La sala del trono dell’Arciduca Marcolfo. L’Arciduca, l’Arciduchessa, cortigiani e cortigiane. Un angolo della scena rimane buio e vuoto: sarà illuminato dall’alto quando vi si svolgeranno le Commedie Sintetiche).

VOCE NARRANTE: Nel tempo che l’Arciduca Marcolfo si era insignorito di tutta l’Italia, tenendo la Corte nella bella città di Villalta sul Secchio, capitò al suo palazzo un uomo di mezz’età, chiamato Secondo Bertoldo, Secondo il nome e Bertoldo il casato, discendente a quanto pare da un figliastro del più famoso Bertoldo vissuto e morto nel Seicento presso la Corte di Alboino Re.

(Bertoldo appare sul fondo della scena e vi resta fermo)

Come il remoto progenitore, anche questo era un villico difforme e di bruttisimo aspetto, pochi capelli rossicci, orecchie appuntite, naso a pigna, greve di complessione e peloso, con un gozzo così grosso da parer triplice; ma dove mancava l’armonia della persona, suppliva la vivacità dell’ingegno; e oltre l’acutezza anco era astuto, malizioso, esperto di mondo per aver molto viaggiato e essersi adoprato in mille occupazioni. Ma a cagione degli avvenimenti e delle mode che affliggevano la società sua contemporanea piuttosto tristo era di natura. Indossava un logoro paio di pantaloni azzurri genovesi chiamati jeans sdruciti sul deretano, e una scolorita maglietta dell’Università di Tirana, scarpe da ginnastica sfondate, sulla testa uno strausato cappello texano Stetson.

(Bertoldo attraversa la scena per giungere al trono)

Passò dunque Bertoldo, dagli amici denominato anche Bertie, in mezzo a tutti quei Ministri e senatori e deputati e primati e gazzettieri e uffiziali ch’erano nella grande sala, senza cavarsi il cappello nè fare atto alcuno di riverenza e andò di bella posta a sedere appresso all’Arciduca, il quale, benigno di natura e dilettoso di facezie, benchè di temperamento cangievole, sovrabbondante nel parlare e alquanto bigotto, s’immaginò che quello fosse qualche stravagante umore, e principiò piacevolmente a interrogarlo.

ARCIDUCA: Chi sei tu?

BERTOLDO: Un contribuente esasperato.

ARCIDUCA: Tutti i contribuenti lo sono.

BERTOLDO: Non quelli che evadono le tasse. (Cerca con lo sguardo tra la folla) Dov’è il Ministro delle Finanze?

ARCIDUCA: E’ quello laggiù.

BERTOLDO: (sorride con tutta la bocca sdentata) Stavo in chiesa, inginocchiato fuori dal confessionale aspettando il mio turno, quando per caso ho sentito la voce di un penitente che diceva al prete: «Sino a quanti milioni posso imbrogliare il Fisco, reverendo, senza che mi neghi l’assoluzione?».

ARCIDUCA: Perchè entrando non mi hai reso omaggio con la riverenza, come era tuo dovere?

BERTOLDO: Ernia del disco, pantaloni strappati sul sedere e senso della dignità. Mi inchino soltanto davanti alla mucca, quando la devo mungere. Qui il solo che munge, è il tuo governo.

ARCIDUCA: Che cosa ti ha spinto nel mio Palazzo?

BERTOLDO: La curiosità di vedere come sei fatto.

ARCIDUCA: E come sono fatto?

BERTOLDO: Male. A parte l’abbigliamento e i denti, che non capisco se sono naturali, mi assomigli. Ma sei meglio dei tuoi cortigiani. Almeno tu non devi ridere quando vorresti piangere e stare immobile quando vorresti grattarti. Grattati pure, Signore, tanto mi gratto anch’io.

BERTOLDO: (si dà una rumorosa grattata tra le gambe sollevando una nuvola di polvere, di insetti e le risate dell’Arciduca e degli astanti). Vedi? Ridono perchè tu ridi ma non hanno l’ardire di grattarsi. Eppure gli prude anche a loro.

ARCIDUCA: Qual è il tuo mestiere?

BERTOLDO: Uno dei più pericolosi. Il suddito del tuo Arciducato. Ma a mia madre, per non spaventarla, ho raccontato che faccio il castratore di leopardi in Patagonia.

ARCIDUCA: Che pensi delle riforme decise dal mio governo?

BERTOLDO: Parli della riforma delle pensioni? Pensione Mimosa: camera con doccia, un pasto e niente prima colazione.

ARCIDUCA: Nella misura in cui tu, villano, spargi ironia sul mio operato, io saprò…

BERTOLDO: (interrompendolo) Accetta un suggerimento, Signore. Espressioni come “nella misura in cui”, “a livello di”, “portare avanti il discorso”, dichiarale monumenti nazionali e proibiscine l’utilizzo nei pubblici luoghi.

ARCIDUCA: Non ti piace il linguaggio della politica?

BERTOLDO: Mi procura prurito, è molesto al pari degli insetti che mi stanno importunando. Passano le repubbliche e si estinguono i regimi ma il dizionario dei professionisti del potere resta sempre quello: impenetrabile alla gente. Per chi vengono scritti, stampati e diffusi i discorsi politici se non si capiscono? Accordo di legislatura, Addizionale, Aggiuntivo, Aideologico, Alternanza, Alternativa, Antitrust, Aperturismo, Approccio programmatico, Asfaltar no es gubernar, Assemblearismo, Asse preferenziale, Astensione tecnica, Attenzionare, Autodecisione, Autodeterminazione, Autority, Avances, e siamo soltanto alla prima lettera dell’alfabeto. Ti risparmio le altre, però i politici, te compreso, e i giornalisti vostri esegeti non ce ne risparmiate una, dalla Bicamerale al Bipolarismo al Centrismo Dinamico al Cerchiobottismo alla Concertazione alla Cartolarizzazione al Consociazionismo al Girotondismo alla Corsia Preferenziale alla Cosa 1-2-3 alla Desistenza al Doppiopesismo al Federalismo Fiscale al Fumus Persecutionis al Garantismo al Vulnus alla Proposta Blindata al Giustizialismo alla Globalizzazione al Localismo allo Strappo al Terzismo all’Io Non Ci Sto al Mi Consenta al Ma Anche al Centro di Nuovo Conio al Proporzionale di Tipo Tedesco alla Par Condicio al Plebiscitarismo alla Privacy al Riccometro allo Zoccolo Duro sino alle misteriose e inesplorate Zone Salariali.

ARCIDUCA: Quindi neppure i politici ti piacciono.

BERTOLDO: Sono comunque migliori di come li dipingono i giornali. Il Ministro “tuona”, “sibila”, “ringhia”, “ruggisce”. Le cronache politiche italiane usano accenti da romanzi d’appendice. Poi vai a vedere in televisione il Ministro mentre, secondo i cronisti, “tuona”, “sibila”, “ruggisce” e scopri un ometto intimidito dai cameramen che non riesce quasi a spiccicar parola. Il solo sibilo che emette è quello dell’enfisema.

ARCIDUCA: Ma non hai mai avuto rapporti con i miei Ministri? Sono simpatici, alla mano…

BERTOLDO: Con i Ministri, rapporti no. Con la moglie del Ministro dell’Agricoltura, dal quale mi aspettavo un favore. E’ una donna insopportabile, e anche brutta da morire. Eppure mi è toccato ascoltare le sue scemenze, inchinarmi, sorriderle. Fare insomma buon gioco a cattivo viso.

ARCIDUCA: Sono mica tutte così E anche i loro mariti. Brava gente. Guarda il mio Primo Ministro. Gode del favore popolare, guida il governo con astuzia e abilità. Dice che resterà in quel posto per altri quattro anni almeno…

BERTOLDO: Residente del Consiglio!

ARCIDUCA: Forse il suo segreto è il modo di porsi davanti alle telecamere. Ormai la vera tribuna politica non sono i comizi ma la televisione…

BERTOLDO: Proprio così. Lo conferma questa sintetica commedia che ho intitolato

“IL COMIZIO”

VOCE NARRANTE: Una piazza dove il Candidato al microfono si rivolge a uno sparuto gruppetto di persone raccolte ad ascoltarlo.

IL CANDIDATO: Non ho niente da aggiungere a quello che ho detto l’altra sera in televisione (spegne il microfono e se ne va).

ARCIDUCA: E del giornalismo politico che opinione hai?

BERTOLDO: I quotidiani parlano degli uomini politici chiamandoli per nome. Soprattutto nei titoli. Massimo, Silvio, Gianfranco, Romano, Walter. C’è stato persino un Carlo Azeglio. L’avessero fatto quando sul palcoscenico si agitavano personaggi come De Gasperi, Togliatti, Nenni, ti figuri le risate? Alcide espelle i comunisti dal governo, Palmiro tuona contro il Patto Atlantico, Pietro riceve il Premio Lenin. All’epoca i giornali erano più educati. O forse oggi i politici sono di statura talmente diciamo diversa che li si può chiamare Pieruccio o Tonino senza far ridere nessuno.

ARCIDUCA: Sarà anche per questo che i partiti sono in crisi?

BERTOLDO: Suggerisco una iniziativa pubblicitaria per incrementare il tesseramento in quelli che furono partiti di massa: «Ai primi mille militanti che rinnoveranno la tessera sarà inviato in dono un elegante astuccio portaprofilattici».

ARCIDUCA: Forse i nostri politici litigano un po’ troppo, non vanno d’accordo neppure dentro i rispettivi partiti…

BERTOLDO: Propongo di correggere la nostra Costituzione: “siamo una Repubblica fondata sul livore”.

ARCIDUCA: Come è l’aula del Parlamento?

BERTOLDO – Semivuota e distratta.

ARCIDUCA – Anche quando parla il grande leader?

BERTOLDO – In tal caso affollata e attenta. Con interruzioni di applausi e la lunga ovazione finale.

ARCIDUCA – E i mass media?

BERTOLDO – Strumenti di formazione e di informazione se lodano il grande leader.

ARCIDUCA – E quando lo criticano?

BERTOLDO – Strumenti di manipolazione da tenersene alla larga.

ARCIDUCA – Eccettuata?

BERTOLDO – Eccettuata a volte la tv.

ARCIDUCA – La seduta per l’approvazione della Finanziaria?

BERTOLDO – Tempestosa.

ARCIDUCA – Tanto che il Presidente della Camera?

BERTOLDO – Fu costretto a far sgombare l’emiciclo.

ARCIDUCA – Governo e sindacati che si fanno?

BERTOLDO – La guerra sui tagli.

ARCIDUCA – E il Ministro delle Finanze?

BERTOLDO – Lotta strenuamente contro gli evasori. Come Mussolini quando dichiarò la guerra alle mosche. Allora vinsero le mosche, oggi gli evasori.

ARCIDUCA – Che cosa cade sulla nuova legge?

BERTOLDO – Una pioggia di emendamenti.

ARCIDUCA – E come si ripara il governo da questa pioggia? Modifica la legge?

BERTOLDO – Non si ripara e non modifica. Rimanda l’approvazione a un giorno più fausto.

ARCIDUCA – Sarebbe?

BERTOLDO – Sessanta per cento degli assenti dall’aula.

ARCIDUCA – Se tu fossi portavoce del governo in quali termini riferiresti il bilancio della sua attività?

BERTOLDO – Con il seguente comunicato: «Il governo è lieto di annunciare che nell’ultimo semestre la lunghezza dei chilometri, la misura dei litri e il peso dei chilogrammi non sono aumentati».

ARCIDUCA – E quanto ai dati sull’economia?

BERTOLDO – «Il governo è lieto di annunciare che i dati sull’economia nazionale di quest’anno sono migliori di quelli dell’anno prossimo».

ARCIDUCA – Come si esprime la fiducia del risparmiatore?

BERTOLDO – Finchè la banca va…

ARCIDUCA: Quali sono le cose in cui non credi?

BERTOLDO – Lozione per fare crescere i capelli, automobile sicura, riduzione delle tasse.

ARCIDUCA – Come giudichi gli exit polls?

BERTOLDO – Inattendibili, attendibili, indicativi, da abolire.

ARCIDUCA – E i sondaggi?

BERTOLDO – Inattendibili, attendibili, indicativi, da abolire.

ARCIDUCA – Il trend?

BERTOLDO – Positivo. Sconfortante.

ARCIDUCA – Ciò che mi stupisce è che qualche vecchio comunista dell’Arciducato celebri ancora la morte di Stalin.

BERTOLDO – Peggio sarebbe se ne festeggiasse la nascita.

ARCIDUCA – Come è l’attesa dell’incontro tra i due Capi di Stato?

BERTOLDO – Spasmodica.

ARCIDUCA – I preparativi?

BERTOLDO – Febbrili.

ARCIDUCA – Il colloquio?

BERTOLDO – Esauriente.

ARCIDUCA – Soltanto?

BERTOLDO – Franco e cordiale.

ARCIDUCA – E ha toccato?

BERTOLDO – I temi della più scottante attualità.

ARCIDUCA – Seguìto?

BERTOLDO – Da una pausa di riflessione.

ARCIDUCA – E al termine?

BERTOLDO – Il comunicato finale esprime l’auspicio di più stretti rapporti.

ARCIDUCA – La settimana?

BERTOLDO – Decisiva.

ARCIDUCA – Durante la quale viene attivata?

BERTOLDO – L’apposita procedura.

ARCIDUCA – Con i parametri di Maastricht dove ci troviamo?

BERTOLDO – A metà del guado.

ARCIDUCA – Come è la vicenda?

BERTOLDO – Emblematica.

ARCIDUCA – La professionalità?

BERTOLDO – Alta.

ARCIDUCA – La crisi?

BERTOLDO – Deve uscire dal tunnel.

ARCIDUCA – Il tavolo?

BERTOLDO – Quello delle trattative è comune.

ARCIDUCA – E la cena di lavoro?

BERTOLDO – Fusilli con funghi, vitello tonnato e la crostata curata personalmente dalla gentile consorte dell’ospite… Io, queste cene e colazioni e pranzi di lavoro non li capisco. Come fanno a scambiarsi le opinioni mentre mangiano? Mia madre mi raccomandava sempre di non parlare con la bocca piena…

ARCIDUCA: Eh, ormai viviamo in una società opulenta.

BERTOLDO: Mi sembra che la nostra sia una società dei consumi con pochissimo denaro per consumare. Poi, nei momenti di depressione la società dei consumi diventa una Società a responsabilità limitata.

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Emiliano Condò