PADOVA 28 MAG E' Emilio Salgari il 'forzato – PADOVA, 28 MAG – E' Emilio Salgari, il 'forzato
della penna', il giornalista veronese che cerco' il proprio
riscatto attraverso la parola, il protagonista di 'Disegnare il
vento' (Einaudi) di Ernesto Ferrero, direttore del Salone
Internazionale dei Libri di Torino, in pole position nella
cinquina scelta oggi a Padova dai letterati della giuria del
49/o Premio Campiello. A settembre a Venezia il verdetto finale
con i dati della giuria dei 300.
Nel suo rapporto totale con la propria scrittura, Salgari e'
anche parabola di questa edizione del premio, che ha visto i
giurati esprimersi sul valore e sull'impegno letterario. Ermanno
Paccagnini, docente di letteratura italiana alla Cattolica, ha
severamente ricordato che ''la scrittura e' cio' che riempie il
vuoto al di la' delle singole storie'' e non e' sempre curata a
dovere ''nonostante – sferza – il proliferare di scuole di
scritture''. La giuria sembra sazia delle epopee di famiglia che
hanno caratterizzato le ultime edizioni del premio.
''I romanzi si stanno riducendo a ossessioni familiari – sbotta
Riccardo Calimani, scrittore e storico – anche Kafka le aveva ma
e' riuscito a trasformarle in letteratura''. E da' una bordata
alla pratica ''dell'editing, che omogeneizza la scrittura,
toglie gli errori che ci farebbero conoscere meglio la
personalita' degli autori''. ''Anche Salgari rappresenta un
interrogarsi sulle radici del nostro genuino immaginario
infantile – dice Philippe Daverio, storico dell'arte – il mio
pero' era Tarzan, non Salgari''. ''Tutti i romanzi cercano di
capire da dove veniamo, e' come se gli italiani – afferma –
avessero voglia di prendere coscienza: interrogarsi sulle
proprie origini e' gia' un passo avanti''.
Parole arcane sono quelle che intercorrono tra un'antropologa
e un falegname nel secondo romanzo in cinquina 'L'ultima sposa
di Palmira' (Marsilio) di Giuseppe Lupo, docente di letteratura
italiana alla Cattolica: restituiscono i segreti di un paese
lucano mortificato dal terremoto, spartiacque nella recente
storia del Mezzogiorno tra cio' che era e cio' che e'.
I messaggi di un cellulare che lampeggia nella notte sono
l'ultimo filo che lega Matteo alla moglie scomparsa in 'Se tu
fossi qui' (Cairo editore) di Maria Pia Ammirati, dirigente
televisiva, scrittrice e giornalista specializzata in narrativa
italiana.
Ancora sono le parole, di una maga stavolta, a segnare il
destino di Tommaso, protagonista in 'Di fama e di sventura'
(Mondadori) di Federica Manzon, redattrice letteraria e
collaboratrice del Festival Pordenonelegge.it: come gli fu
predetto, ''alla fine trovera' quello che cerca e lo perdera'''.
Primo romanzo di Andrea Molesini, traduttore di poeti
americani, 'Non tutti i bastardi sono di Vienna' (Sellerio)
riporta tutti verso la chiarificazione del passato, sollevando
il velo sulle rimozioni della Prima Guerra mondiale, ''uno dei
massimi punti di cretinaggine italica – sentenzia Daverio al
termine dei lavori – la radice della retorica fascista e di
tutti i monumenti di bronzo in Italia''.
Di ottimo rapporto tra struttura e costruzione linguistica ha
parlato il presidente della giuria, il segretario generale del
ministero per i Beni e le Attivita' culturali, Roberto Cecchi,
annunciando infine il Premio Opera prima 'Settanta acrilico
trenta lana' (edizioni e/o), esordio di Viola Di Grado,
ricercatrice di filologia cinese e giapponese. ''Romanzo di
spiccata originalita' – recita la motivazione – e'
contemporaneamente racconto di non comune crudelta'''. A salvare
la protagonista, che ama indossare vestiti raccolti dai
cassonetti delle immondizie, saranno gli ideogrammi cinesi,
assurti a definitivo ruolo di protagonisti.
