da: Corriere Della Sera
Ariel Toaff presenta, a un anno dalla prima edizione ritirata dalle librerie dopo la valanga di critiche nel mondo accamedico e religioso, la nuova versione di Pasque di sangue. Ebrei d’ Europa e omicidi rituali. A pubblicarla è sempre il Mulino (pp. 418, 27), con una copertina meno cruenta della precedente: il particolare da un interno di farmacia dal Canone di Avicenna al posto della xilografia di Abramo che alza il coltello su Isacco. Il testo, come spiega l’ autore nella nuova premessa, è stato qua e là lievemente ritoccato, per esempio sostituendo l’ indicativo con il condizionale, laddove non si voleva equivocare il significato di confessioni estorte sotto tortura. Ma soprattutto contiene tre aggiunte: è stato ampliato il capitolo dedicato all’ uso magico e terapeutico del sangue animale o umano nell’ Europa tardo medioevale; sono state inserite alcune pagine sul complotto per uccidere il vescovo di Trento, Giovanni Hinderbach, sostenitore dell’ accusa di infanticidio contro gli ebrei dopo il ritrovamento del cadavere del piccolo Simonino; ma soprattutto c’ è una lunga postfazione in cui Toaff risponde in maniera argomentata ai suoi critici che si conclude con una nota sul «plausibile dolore dei rabbini» di fronte alla constatazione che «i princìpi dell’ ebraismo non coincidono sempre con i comportamenti degli ebrei in carne ed ossa». Un commento che nasconde un’ amara nota biografica. Quando un anno fa il libro uscì, fu pubblicamente condannato fra gli altri dal padre dell’ autore, l’ ex rabbino capo di Roma, Elio Toaff. Oggi Ariel, che ha lasciato la cattedra all’ università Bar Ilan di Tel Aviv, riafferma le sue posizioni di un anno fa ma soltanto dopo aver chiarito che gli infanticidi di cui erano accusati gli ebrei rientrano, come scrisse Carlo Ginzburg sul «Corriere della Sera», nella categoria dei miti e non dei riti. Castelli accusatori costruiti dai tribunali cristiani e non pratiche ricorrenti delle comunità ebraiche. Questa importante ammissione consente all’ autore di rispondere con serenità ad alcuni dei suoi critici più seri e severi, in particolare ad Anna Foa, Adriano Prosperi e Carlo Ginzburg.