ROMA, 10 GIU – Un thriller che vede un giovane scienziato di talento e l’attivista di un’organizzazione umanitaria intrappolati in un’indagine rischiosa che li porterà nel cuore del più grande giro d’affari del millennio: l’acqua. E’ “Sete” (Mondadori), romanzo d’esordio di Alberto Riva, ambientato in un Brasile reale e nello stesso tempo inedito, nel quale l’autore vive dal 2004. L’acqua, tema di uno dei quattro quesiti referendari del 12 e 13 giugno, è anche al centro dell’inchiesta ‘H2Oro-Le mani di pochi sul bene di tutti’ (Castelvecchi) di Alessandro Zardetto, con introduzione di Attilio Bolzoni.
Al centro di ‘Sete’ il giovane scienziato di talento, Matheus Braga e Sarah Clarice, attivista di un’organizzazione umanitaria, che si troveranno a fare i conti con un grande giro d’affari legato all’acqua. Il loro principale antagonista è un un uomo d’affari di origini italiane e dal passato oscuro, che tutti chiamano il Drago. Dai paesaggi desolati e travolgenti di Bahia ai grattacieli e le multinazionali di San Paolo, passando per i latifondisti del sud e le favelas di Rio, il libro racconta lo scontro tra due famiglie, ma anche una storia di amicizia e riscatto. Sullo sfondo si stagliano personaggi reali come il coraggioso Don Cappio, il vescovo francescano noto alle cronache non solo brasiliane per i suoi scioperi della fame contro le azioni del governo Lula.
Riva è autore di reportage sui conflitti agrari, sui nuovi schiavi, sul potere parallelo nelle favels di Rio, sulla nuova economia e i nuovi fenomeni culturali del Brasile di cui ricostruisce un’immagine degna di un libro di inchiesta. E’ una vera e propria inchiesta, invece, ‘H2Oro’ del giornalista Alessandro Zardetto, già autore del libro “L’Aquila 2010. Il miracolo che non c’è”. Quella di ‘H2Oro’, come scrive Bolzoni, ”è un’esplorazione nel labirinto dell’Italia che fa acqua, un viaggio nei misteri delle fonti, nella giungla delle bollette, nei patti e nei ricatti delle lobbie, negli interessi trasversali, negli scontri non solo fra i partiti ma dentro gli stessi partiti.
Sessanta miliardi di investimenti nei prossimi trent’anni. L’oro blu in Italia rappresenta uno dei piatti piu’ ghiotti che la politica ha servito sul tavolo dei privati, spiega nel libro Zardetto. Il giornalista mette in guardia anche sul fatto che, malgrado la fortissima pressione dell’opinione pubblica e gli appelli lanciati da più parti, con la legge di riforma dei servizi pubblici, la numero 166 del novembre 2009, meglio conosciuta come Legge Ronchi, l’acqua diventa definitivamente una merce. Una privatizzazione celata sotto le mentite spoglie della liberalizzazione del settore idrico che porterà , secondo gli esperti, ricchezza nelle tasche di pochi e rincari in bolletta compresi tra il 30% e il 40% per tutti i consumatori.
Un’assoluta controtendenza rispetto al quadro generale dell’Europa e del mondo in cui molti Paesi, tra cui la Francia e molti Stati del Sudamerica, hanno scelto di tornare alla gestione pubblica dopo anni di disastrosa amministrazione privata del servizio idrico. Un’inchiesta che ricostruisce le tappe della messa in vendita dell’acqua pubblica, dalla legge Galli del 1994 e la nascita del ”servizio idrico integrato” all’ultima legge fortemente voluta dal Governo Berlusconi. E un viaggio attraverso le regioni italiane che piu’ soffrono la logica del profitto: da Arezzo, prima città in cui l’acqua è stata privatizzata, dove gli utenti pagano 400 euro l’anno a fronte dei 268 della media italiana, ad Agrigento in cui una famiglia per il servizio arriva a spendere anche 20mila euro in un solo anno.
