ROMA – “Manuale del leccaculo” di Richard Stengel: con quel titolo non sorprende che il libro sul “mestiere più antico del mondo”, edito da Fazi (334 pagine, euro 14,50) sia arrivato alla quarta edizione. Il volume di Stengel, ex direttore del settimanale Time e attuale sottosegretario di Obama, è uscito per la prima volta nel 2000 con un titolo meno forte di quello italiano: “You’re Too Kind. A Brief history of Flattery”. “Sei troppo gentile. Breve storia dell’adulazione”.
Non è un semplice esercizio di stile ma una vera e propria storia dell’uso della lingua, partendo dagli scimpanzè, le scimmie più vicine all’uomo nella scala evolutiva, che avevano (e hanno) un sistema sociale fortemente gerarchico dove tutti puliscono il maschio “alfa” e il maschio alfa non pulisce nessuno. E come si pulivano le scimmie? Leccandosi a vicenda. Di qui la stretta correlazione che c’è, secondo Stengel, fra l’evoluzione della specie e la rasposità della lingua. Scrive Nanni Delbecchi sul Fatto quotidiano:
Sono tempi duri per chi lecca, non si è mai sprecata tanta saliva invano, e già questo spiega le quattro edizioni raggiunte dal Manuale del leccaculo di Richard Stengel (Fazi editore), strumento utilissimo se si vuole partecipare al grande concorso appena lanciato dal Vernacoliere “Lecca anche tu il culo a Renzi” che mette in palio posti in politica, nei giornali, alla Rai e su tante altre poltrone di successo. Lecca e vinci: sembra facile ma non è proprio come dirlo; “Ir vero probrema è che Renzi cià un culo solo, e chi nielo vole leccà sono millioni!” scrive nel suo editoriale Mario Cardinali. Anche al di là di Renzi la questione è seria. I culi veramente ambiti sono sempre meno, quelli che si candidano a leccarli sempre di più; “Non si trovano più culi che valgano la pena” ha sintetizzato Altan, mettendo il dito nella piaga – e che piaga.
Inoltre distinguere una leccata da una lode sincera è diventato impossibile: la Tv è un chupa chups a 32 pollici, i giornali sono tutti un grande slurp (vedi l’ultimo libro di Marco Travaglio), sul web si passa direttamente dall’adulazione all’insulto saltando il pensiero critico, il solo vero antidoto alla leccata. Ecco dunque che il ponderoso testo di Stengel, ex direttore del Time settimanale e oggi sottosegretario di Obama, può risultare prezioso per rendersi conto della lunga storia e della complessa pratica della piaggeria.
Esiste una relazione diretta tra evoluzione della specie e rasposità della lingua. Non serve averla più lunga, altrimenti discenderemmo dai formichieri; serve saperla usare, come ci dimostrano i nostri progenitori, gli scimpanzé. La loro attività più frequente è il grooming, ossia la pulizia reciproca, con regole che presiedono al sistema sociale: “Tutti puliscono il maschio alfa, il re del branco, ma questi non spulcia mai nessuno”. E se leccare è un istinto primordiale, anche essere leccati non è da meno: “Quando funziona a dovere la piaggeria rende più felici la persona adulata e l’adulatore”.
Per questo il leccaculismo non ha mai smesso di evolversi. Nelle civiltà arcaiche si tendeva a leccare più l’istituzione che l’individuo, poi i rapporti si invertono e nel Rinascimento la leccata di corte diventa un’arte teorizzata Baldassar Castiglione; da questo punto di vista Renzi non sbaglia quando dice che stiamo andando incontro a un secondo Rinascimento. E se si mira al cuore di una donna le cose non cambiano. Adulazione e seduzione sono sorelle gemelle, tanto è vero che, assicura Giacomo Casanova, per sedurre si è sempre avuto bisogno di adulare, purché nel modo giusto: “Lodate i belli per la loro intelligenza e gli intelligenti per la loro bellezza”. E non bisogna aver paura di esagerare: “Non c’è nessuna donna al mondo che non apprezzi sopra ogni altra cosa al mondo gli elogi maschili, o non pensi che ogni parola detta su di lei non sia un elogio”, scrive Andrea Cappellano nel De amore.
Un mito da sfatare è che più un individuo sale nella scala sociale e più diventa immune all’adulazione. In realtà è vero il contrario: poiché il successo aumenta l’autostima il vincente tende a interpretare gli elogi “non come lusinghe ma come dimostrazione di intelligenza da parte dell’autore: Com’è sagace il giovane Smith a capire il mio genio”. Di conseguenza, mai farsi troppi scrupoli di sincerità e nemmeno di misura di fronte alle natiche di un potente, al massimo una bella leccata al leccaculismo altrui, con un “Così fan tutti!”. Solo il vero amico potrà voltargli le spalle, in modo da farsi fuori da solo. Ma il leccaculo di livello no, gli luciderà gli stivali che comandi in modo saggio o dissennato (purché comandi), in presenza come in assenza (le leccate indirette sono le più raffinate), nella buona e nella cattiva sorte (non si sa mai, potrebbe sempre tornare in auge).
E adesso? La situazione non è mai stata così complessa, la mobilità sociale è aumentata, si vive sempre più in funzione dell’opinione altrui ma al tempo stesso il relativismo impera e i potenti stessi sono delle banderuole al vento. Come dice Corrado Guzzanti, “non c’è nulla di più difficile che leccare culi in movimento”, e per restare sul pezzo, ad esempio sul deretano di un Denis Verdini, l’unica sarebbe piazzargli un Gps tra le chiappe. Eppure una via d’uscita c’è: leccare il popolo, che a differenza di quanto avveniva nell’antichità “in democrazia vuole e ha bisogno di essere elogiato, e l’adulazione è spesso il mezzo con cui i governi democratici ottengono il consenso”.
A esserne capaci, il populismo è l’uovo di Colombo, massimo risultato col minimo sforzo, non siamo noi a strisciare, è “la gente” a ricambiare il nostro amore nella sua infinita saggezza. Non per nulla Stengel chiude il suo manuale illustrando la tecnica del perfetto populista: “Appellarsi alla virtù e alla saggezza della nazione; addolcire verità troppo sgradevoli; farsi passare per uno che ascolta molto attentamente: indicare col dito un amico fra il pubblico”. Ed ecco capovolto il teorema di Renzi, quello secondo cui a milioni si mettono in fila per leccare un culo solo; con il populismo si possono leccare milioni di culi con una sola lingua.