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Razzismo, il caso Traini, le radici del nuovo male italiano: Ezio Mauro ne fa un capolavoro di giornalismo

Razzismo e il caso Traini: Ezio Mauro ne fa un capolavoro di giornalismo

“L’uomo bianco”, l’ultimo libro di Ezio Mauro, analizza e spiega perché l’Italia è diventata razzista. Il libro, 140 pagine, pubblicato da Feltrinelli, va oltre le intenzioni dell’autore, che erano quelle di definire sul piano culturale, psicologico e politico l’ondata di razzismo che ha preso in pieno l’Italia.

Ma la tempra del grande giornalista ha prevalso sulle ambizioni del predicatore. La capacità di racconto, la bravura giornalistica, la passione per il dettaglio, l’onestà intellettuale del cronista di razza che in Ezio Mauro ha sempre prevalso su pregiudizi e ideologie fanno dell’Uomo bianco un esempio magistrale di giornalismo. Ne fanno un libro che potete conservare accanto a Truman Capote e Ryszard Kapuściński.

Al centro del racconto c’è Luca Traini, autore della sparatoria del 3 febbraio 2018 a Macerata, in cui furono colpiti sei migranti di colore. Traini è stato condannato a 12 anni di carcere.

La sua vicenda serve a Mauro come emblematica di un percorso in cui instabilità mentale, un po’ di rozzo moralismo e razzismo si alimentano a vicenda fino alla quasi tragica conclusione. Ma la ricostruzione di quella giornata nella vita di Traini, la sua catarsi e la sua quasi redenzione vanno al di là dello spunto, fino a reggere il confronto con “A sangue freddo”, mito della nostra generazione di giornalisti.

Il volume è strutturato in 8 capitoli, alternati di cronaca e di analisi/commento. Il ritmo dei capitoli di cronaca è incalzante, implacabile. Il montaggio delle scene è degno di un film di James Bond. La conclusione è onesta fino forse a deludere i palafrenieri del politicamente corretto:

“Sarebbe facile e comodo dare la colpa alle nuove destre che governano l’Italia. Tuttavia la loro debolezza culturale, la forzatura ideologica costante, l’impotenza politica manifesta rendono questa alleanza non un soggetto protagonista della mutazione italiana, ma un driver avventurista di una corsa collettiva tutta programmaticamente fuori strada verso il buio di un Paese sconosciuto.

“Le forze di governo hanno la responsabilità della costruzione di un ambiente sociale e politico e di uno spazio istituzionale per quelli che erano istinti isolati e impulsi sciolti, che oggi vengono proiettati in una dimensione nazional-amministrativa, trasformandoli mentre li si legittima in tecnica esecutiva”.

Al di là di questo, l’elemento scatenante della azione di Traini, peraltro riconosciuto dallo psichiatra perfettamente a posto col cervello, le cause che anno armato la sua mano sono dentro di lui, il suo cervello, i suoi meccanismi mentali, i suoi complessi, la sua vita in casa e fuori. A prescindere da Salvini e dalla Lega e anche da Casa Pound.

 

Nel suo “Uomo bianco”, Ezio Mauro analizza e spiega la genesi della spinta razzista italiana con efficacia, senza sbavature, senza perifrasi né parole inutili. Mauro scrive con uno stile inimitabile, terso che spesso mi viene da paragonare a San Paolo.

Seguite la scansione dei capitoli: La caccia, Il corpo, Il lupo, Il forgotten man, Gli spari, L’uomo bianco, La resa, La mutazione.

Non c’è spazio per la letteratura deteriore, tutto segue un ritmo da rap. Dalla scena di apertura, nella camera da letto in cui Luca Traini si prepara alla spedizione punitiva, alla conclusione in carcere, dove una battuta di un secondino dà il senso della vanità del suo gesto ma anche una chiave per capire l’origine di certe deviazioni mentali. “L’appuntato […] entra in cella, gli passa il giornale dicendo: ‘Hai visto, questi due negri escono e tu rimani qui. Questa è l’Italia”.

I due negri sono due dei tre nigeriani in un primo tempo arrestati per l’uccisione di Pamela Mastropietro, distrutta a 18 anni prima dalla droga e poi dalla furia omicida di Innocent Oseghale, che per fare sparire il suo cadavere l’ha fatta a pezzi per stiparne i resti in due valigie lasciate in un fossato. Ha fatto tutto Oseghale, ha stabilito il giudice. Non c’è stato rituale di branco di neri assassini e drogati. Gli altri due erano solo spacciatori.

Qualche padre può aderire al sentimento diffuso che ha fatto di Traini un mezzo eroe nazionale. Qualcuno può anche fare qualche riflessione sulla insensatezza del flusso indiscriminato di migranti che non può che finire nel fornire manodopera a basso costo non alle fabbriche ma alla malavita. Qualcuno può anche ricordare “Il momento di uccidere”, il primo romanzo di John Grisham, il cui protagonista è un nero del Mississippi che uccide il violentatore e assassino della figlia, un bianco che la giustizia dei bianchi aveva esonerato dal pagare il prezzo del delitto.

Traini, ci racconta Ezio Mauro, ha preso su di sé il compito di vendicatore di Pamela, ci ha messo su il rancore contro gli spacciatori che avevano alimentato la tossicodipendenza di due sue fidanzate, e ha sparato sui neri che incontrava e rispondevano al suo prototipo.

L’ultima delle ragazze, Stella, non gli ha girato le spalle, va a trovarlo in carcere, forse ha contribuito ha mettere in moto quel meccanismo di redenzione più che di pentimento, che probabilmente fra qualche tempo gli aprirà le porte della cella.

 “Non provo nessun odio razziale – ha detto Traini al processo – volevo fare giustizia contro pusher per il bombardamento di notizie sullo spaccio diffuso anche a causa dell’immigrazione: anche la mia ex fidanzata assumeva sostanze. In carcere ho maturato una nuova cognizione dei fatti”. Questa è l’Italia…

Primo articolo di 4 sul tema del razzismo. Per leggere i successivi:

Razzismo, è colpa di Salvini o gli italiani lo sono sempre stati? Cosa è cambiato da quando eravamo colonia austriaca cliccare qui

Razzismo, italiani a metà fra il mito del razzista buono e la patologia di Luca Traini. Di chi è la colpa? cliccare qui.

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Marco Benedetto