ROMA – Ulisse eroe scandinavo. La teoria dei poemi omerici originari del Baltico. Omero (o meglio la generazione di aedi omerici da Vico in poi) sarebbe stato l’ultimo cantore di una tradizione epica che affonda le sue radici non al caldo del mare Egeo ma nel nord barbaro del mar Baltico non ancora gelato dalla glaciazione. Cioè l’Iliade e l’Odissea, mitiche rappresentazioni della civiltà greca degli albori, non sarebbero che la rielaborazione di saghe nordiche attualizzate dopo la migrazione a sud dei biondi navigatori. Lo sostiene da vent’anni Felice Vinci, ingegnere e filologo dilettante (nel senso alto del termine), le cui ardite tesi da rivoluzionarie e irricevibili stanno sempre più accreditandosi come interessanti e degne di approfondimento nel mondo accademico.
Torna a parlarne entusiasta Antonio Socci (che già nel 2001 aveva recensito il volume di Vinci “Omero nel Baltico”) su Libero Quotidiano di domenica 30 marzo (“Ulisse se ne andava a spasso tra Danimarca e Finlandia”). E’ di questi giorni il numero monografico dedicato al tema (“La Scandinavia e i poemi omerici”) sulla prestigiosa “Rivista di cultura classica e medievale” fondata da Ettore Paratore. Umberto Eco ha citato Vinci nel suo ultimo fortunato libro. La traduttrice per eccellenza dell’Iliade, Rosa Calzecchi Onesti, appose la sua firma per la prefazione del libro di Vinci.
Insomma, Ulisse a spasso per il Baltico e il rivoluzionario spostamento delle coordinate geografiche del mito omerico, grazie ai puntuali riscontri e alla straordinaria mole di indizi comincia a farsi strada. Dovremo aggiornare l’agenda delle conquiste di civiltà, con la conseguenza che tutto il paradigma del Mediterraneo e della Mesopotamia culle della civiltà rischia la più clamorosa delle smentite. Insieme alla riabilitazione dei “barbari” nordici, in realtà molto in anticipo sui tempi della loro civilizzazione e molto meno debitori del Sud. Socci, a questo proposito, deve citare lo studioso inglese Sir Colin Renfrew, professore a Cambridge, per sottolineare questo radicale cambio di prospettiva storica.
Le nuove datazioni ci rivelano quanto abbiamo sottovalutato quei creativi “barbari” dell’Europa preistorica, i quali, in realtà, innalzavano monumenti in pietra, fondevano il rame, creavano osservatori solari e facevano altre cose ingegnose, senza alcun aiuto dal Mediterraneo orientale.