ROMA – Dopo le sconfitte ai ballottaggi di Milano e Napoli, poi anche nella roccaforte della destra di Trieste, il destino di Silvio Berlusconi sembra inesorabilmente segnato. Marcello Sorgi su “La Stampa” indica le possibili strade da percorrere per restare in piedi, anche se con poca speranza.
Gli elettori hanno punito Berlusconi, lo dicono i risultati. I retroscena invece per ora sono fatti di interrogativi sul futuro, “liberato” (come dice la sinistra) oppure no dal Pdl e alleati? Sorgi si chiede davvero se il presidente del Consiglio possa davvero fare affidamento sulla Lega e sulla alleanza con i Responsabili.
Per Sorgi certo è che il Cavaliere altrove sarebbe già stato messo alla porta. Anzi per lui le speranze di riuscire a stare in piedi non sembrano molte. “In un partito normale e in una situazione normale un leader che ha fatto il suo tempo e ha subito uno schiaffo elettorale come quello delle amministrative verrebbe accompagnato alla porta. Ma Berlusconi, del suo partito, è ancora il padre-padrone. Ecco perché è possibile che nell’immediato possa resistere e imporre la sua visione delle cose”.
L’Italia ha dimostrato di volere un cambiamento e anche il centrodestra vuole risposte. Sorgi elenca le possibili vie d’uscita, governo, economia, beghe di partito in testa.
Ecco cosa scrive Sorgi: “Se non vuole lasciare Palazzo Chigi, è necessario che Berlusconi faccia capire di non sentirsi più il candidato premier del prossimo futuro. Scelga Tremonti o Alfano come suo vice e possibile successore. Accrediti e faccia apparire uno dei due come possibile perno di una svolta che non può più essere rinviata. Oppure, se non ne è convinto e vuole costruire diversamente la successione, proponga un metodo, con regole e tempi chiari. Nel centrodestra c’è ormai chi parla apertamente di primarie, metodo rivelatosi vincente, malgrado le incognite, per il centrosinistra. Berlusconi deve dire cosa ne pensa, e nell’eventualità che questa sia la scelta, se accetterebbe di non candidarsi in prima persona. Inoltre, valuti nuove priorità per il programma di fine legislatura, obiettivi realistici e visibili, risultati stabili e non provvisori, com’è stato appunto per il terremoto dell’Aquila e i rifiuti di Napoli”.
E ancora: “Dica la verità sull’economia: se è vero che il governo dovrà fare manovre molto rigorose nei prossimi tre anni per rientrare nei parametri europei, non cerchi di nasconderlo; e soprattutto non prometta tagli delle tasse se sa che non saranno possibili. Il secondo punto è il partito. Giunte sull’onda della sconfitta, le dimissioni di Bondi, uno dei tre contestatissimi coordinatori del Pdl, hanno dato la sensazione che qualcosa finalmente sia in movimento e che sia direttamente Berlusconi (Bondi non se ne sarebbe mai andato senza il suo consenso) ad aver rimesso in moto tutto. Se è così, lo dica chiaro. Prenda immediatamente le distanze da tutte le soluzioni improbabili, stile Prima Repubblica, che alla vigilia del voto gli sono piovute sul tavolo. Il congresso proposto da La Russa. Il direttorio delle correnti propugnato da Frattini. La rifondazione democristiana sognata dai transfughi dell’Udc. Se pensa, come certe volte si fa scappare tra i muri di Palazzo Grazioli, che un partito così non è che non sia mai nato, ma è già bell’e morto, lo sciolga e lo rifondi”.