“La crisi di Sorgenia si proietta come una nuvola nera sull’orizzonte di Carlo De Benedetti rendendo lui e i suoi giornali vulnerabili”
è il titolo della copertina di Prima, mensile che è una specie di bibbia nel mondo dell’informazione. Nella copertina domina una foto, con l’espressione assai preoccupata e un po’ angosciata, di Carlo De Benedetti, fondatore di un gruppo industriale, la Cir, che ha conosciuto tempi migliori.
La tesi che sembra essere adombrata da Prima è che la crisi di Sorgenia, società del settore energia, gravata da un monte debiti di 1,7 – 1,8 miliardi di euro (ma c’è chi ha scritto che i debiti sono complessivamente 2,2 miliardi) potrebbe portare alla vendita di una o più testate della catena di quotidiani in cima alla quale si trova Repubblica.
La tesi, molto allarmante sembra che anche un po’ estrema, anche perché senza i giornali, che hanno prospettive difficili ma positive, specie i quotidiani locali, il peso dei De Benedetti sarebbe sensibilmente diminuito, se non azzerato, mentre tra le partecipazioni della Cir ci sono attività meno glamour ma più redditizie che possono essere trasformate in cassa con meno mal di pancia.
A tanto non è invece arrivato il Giornale di Berlusconi, che pure non perde occasione di sottolineare i guai dei De Benedetti, affiancato e anzi superato per precisione di notizie e dettagli dal Messaggero di Roma, controllato da un altro tycoon, Franco Caltagirone, poco appariscente ma forse più bravo di tutti.
La Cir sembra avere imboccato una strada in declino, accelerato dalla ricerca di nuovi sviluppi industriali da parte del figlio di Carlo, Rodolfo De Benedetti, forse impaziente di dimostrare al padre un po’ troppo padrone le proprie capacità imprenditoriali.
La vicenda ha il ritmo e la scansione di una tragedia greca, con la variante, rispetto a Sofocle, che qui il parricidio è stato solo virtuale e con un finale a sorpresa: che il padre è anche resuscitato.
In coincidenza con l’uscita di Prima, un articolo del Giornale segna una nuova puntata della quarantennale saga Berlusconi contro De Benedetti. L’odio tra i due non conosce tregua. Questa volta non si tratta di soldi ma di randellate virtuali, via stampa, poca roba rispetto ai 450 miliardo che Berlusconi ha dovuto tossire a De Benedetti ma ognuno si consola come può. Forse per questo il Giornale di Berlusconi non perde occasione per registrare i problemi industriali di De Benedetti.
Il detto: “Se Atene piange, Sparta non ride” sembra applicarsi molto bene al caso dei due arci-nemici, ma al presente la parte di Berlusconi, in grande ripresa in politica grazie proprio, in una giravolta del destino degna questa volta di Plauto al muovo amore di De Benedetti, Matteo Renzi, sembra avere qualche argomento valido per dare il tormento a De Benedetti.
Ha scritto Marcello Zacché, sul Giornale, sotto il titolo:
“Sorgenia, Tirreno power e Repubblica: tre guai che fanno tremare l’ingegnere”
De Benedetti ovviamente:
“Il gruppo De Benedetti torna a soffrire. A 15 anni dal doloroso addio all’Olivetti, l’impero Cir-Cofide è di nuovo in difficoltà.Dopo l’uscita da elettronica e telefonia, l’Ingegnere ha puntato più di tutto su energia ed editoria. Nel frattempo ha lasciato ogni carica (tranne la presidenza dell’Espresso) e ha donato le quote di controllo delle holding ai figli. Ma oggi l’impero, i cui manager forti sono principalmente il figlio Rodolfo, presidente Cir, e l’ad (anche dell’Espresso) Monica Mondardini, vacilla di nuovo proprio per la crisi delle centrali elettriche e dei giornali. Al punto che qualcuno ha ipotizzato anche un clamoroso ritorno in campo dell’Ingegnere. Smentito, seccamente: «Ridicolo pensare che oggi, a 80 anni, io riprenda la conduzione del gruppo»”.
L’indiscrezione era uscita sul Foglio mercoledì e Carlo De Benedetti l’ha liquidata con questa dichiarazione:
“Ho lasciato la presidenza della Cir cinque anni fa e ho donato la proprietà del gruppo lo scorso anno” ed “è ridicolo pensare che oggi, a 80 anni, io riprenda la conduzione del gruppo, anche perchè ho totalmente fiducia nel nuovo management”.
Parole crudeli perché sembrano escludere dalla fiducia proprio il figlio Rodolfo, che del nuovo management non sembra far parte.
Scrive ancora Marcello Zacché:
“I conti della Cir hanno finora tenuto. Ma se a quelli del 2013 si sottraessero i 490 milioni lordi versati da Fininvest (che tramite Mondadori controlla anche il 37% del Giornale ) per la sentenza sul «Lodo Mondadori», il gruppo finirebbe in rosso. I numeri si conosceranno il 14 aprile, ma già nel bilancio dei primi nove mesi si trova un utile netto di 10 milioni, reso possibile solo grazie al Lodo. E in prospettiva le cose non promettono bene.
Sorgenia, il gruppo elettrico di cui Cir detiene il 52%, è alle prese con un debito di 1,8 miliardi e sta chiedendo alle banche una ristrutturazione, perché il conto economico è in rosso e la società non è in grado di far fronte agli oneri finanziari. Inoltre, il socio di minoranza, gli austriaci di Verbund, hanno azzerato la quota e non ne vogliono più sapere.
“Le banche pretendono che Cir partecipi a una ricapitalizzazione che per i De Benedetti diventerebbe rischiosissima.”
Poi c’e la rogna
“Tirreno Power, di cui Sorgenia ha il 39% e i francesi di Gdf la maggioranza, oltre ad avere a sua volta un ingestibile debito di 800 milioni è finita nei guai per un’indagine sulla centrale di Vado Ligure per possibile «disastro ambientale ». La centrale, dove lavorano 200 addetti, è stata addirittura fermata a metà gennaio e due giorni fa si è dimesso il suo direttore generale Giovanni Gosio, che la guidava da 10 anni”.
Ai guai energetici, prosegue Marcello Zacché,
“si sono aggiunti quelli editoriali: sul gruppo pende la spada di Damocle della condanna ( tributaria) a pagare 225 milioni per imposte eluse nel 1991, in attesa di Cassazione dopo numerosi ricorsi. Ma in ogni caso, il fatto nuovo è che Espresso e Repubblica ce l’avevano sempre fatta, finora. Invece, prima è finito in rosso il settimanale, già dal 2012. E per risparmiare 2 milioni l’anno ha prepensionato 12 persone (compensate da 7 assunzioni) su 45 dipendenti; poi è toccato al quotidiano, per il quale Mondardini ha previsto il rosso di bilancio nel 2014, chiedendo 81 prepensionamenti su 440 giornalisti per mettere a regime 30 milioni annui di risparmi sui costi.
“Qui la vicenda ha assunto i toni dello psicodramma, al punto che nelle redazioni di Repubblica è circolata addirittura l’idea di pubblicare una pagina con 10 domande dirette all’editore, sulla scia del tormentone delle 10 domande poste da Giuseppe D’Avanzo a Silvio Berlusconi sul caso di Noemi Letizia. Una «forzatura» che naturalmente non è andata avanti, ma che ha svelato più di ogni altra cosa il malessere di un gruppo di persone che mai prima d’ora si era trovato in una situazione così difficile e divisiva. Tanto che di fronte alla scelta tra prepensionamenti (scesi a 58) e un contratto di solidarietà al 15% per tutti, la redazione si è spaccata e la trattativa è ora passata a livello nazionale. E comunque vada, l’impressione è che niente, nemmeno a Repubblica , sarà più come prima”.