ROMA – Alessandro Sallusti è stato condannato al carcere per la sua “spiccata capacità di delinquere”, dimostrata da tanti precedenti e dalla ”gravita” della ”campagna intimidatoria” e ”diffamatoria” condotta nei confronti del giudice Giuseppe Cocilovo quando nel 2007 dirigeva Libero. Lo scrivono i giudici della Corte di Cassazione nelle motivazioni alla sentenza di condanna a 14 mesi di carcere per diffamazione e omesso controllo.
I giudici della Suprema Corte si stringono intorno a Cocilovo e spiegano la loro decisione con la “condotta aggressiva” di Sallusti che, secondo loro, avrebbe danneggiato anche i genitori adottivi e una minorenne “sbattuti in prima pagina”. Nella sentenza è scritto che ”In una società che si sviluppa grazie al confronto delle idee, non può avere alcun riconoscimento l’invocato diritto di mentire, al fine di esercitare la libertà di opinione”.
L’articolo per cui Sallusti è stato condannato riguardava la decisione del giudice Cocilovo di consentire ad una minorenne di abortire. Per il giudice Cocilovo il giornalista che aveva firmato l’articolo (Dreyfus, pseudonimo usato da Renato Farina) aveva parlato di pena di morte.
”L’affermato intreccio del dovere del giornalista di informare e del diritto del cittadino di essere informato merita rilevanza e tutela costituzionale se ha come base e come finalità la verità e la sua diffusione. Se manca questa base di lancio, se non c’è verità, ma calcolata e calibrata sua alterazione, finalizzata a disinformare e a creare inesistenti responsabilità e ad infliggere fantasiose condanne agli avversari, il richiamo a nobili e intangibili principi di libertà è intrinsecamente offensivo per la collettività e storicamente derisorio, beffardo per coloro che, in difesa della libertà di opinione, hanno sacrificato la propria vita”.
”Forma, sostanza, modalità, tecnica di informazione impiegati ed esibiti dal quotidiano, in persona del direttore Sallusti, dimostrano l’assenza di un leale confronto di idee e di una lecita critica” alla legge sull’interruzione di gravidanza. I due articoli incriminati ”dimostrano invece la presenza (nell’ambito di un lecito quadro di dissenso per la disciplina legislativa dell’aborto) di una illecita strategia di intimidatrice intolleranza, di discredito sociale, di sanzione morale diretta contro un magistrato”.
Sallusti, per i giudici, ha attribuito al giudice tutelare Cocilovo ”un inesistente ruolo di protagonista nella procedura dell’aborto, rappresentata come cerimonia sacrificale di una vita umana, in nome della legge”. A Cocilovo, inoltre, Sallusti ha attribuito ”una funzione e una immagine di crudele e disumano giustiziere, meritevole di essere posto nella gogna mediatica con la qualifica di assassino”. Per la Cassazione Sallusti ha pubblicato in maniera ”deliberata” la notizia falsa e diffamatoria”.
La ”mancata concessione delle attenuanti generiche” per la ”dimostrata gravità” dei fatti da lui commessi, è ”già sufficiente a configurare un’ipotesi eccezionale, legittimante l’inflizione della pena detentiva”.
La mancata concessione della sospensione condizionale della pena è dovuta al fatto che la difesa di Sallusti non ha indicato ”alcun elemento che consenta una prognosi positiva sui futuri comportamenti di un giornalista che, in un limitato arco di tempo (dal 2 settembre 2001 al 30 maggio 2003) ha sei volte manifestato una reiterata indifferenza colposa nei confronti del diritto fondamentale della reputazione e una volta (il 12 ottobre 2002) ha leso direttamente tale bene”.
“La storia e la razionale valutazione di questa vicenda hanno configurato i fatti e la personalità del loro autore, in maniera incontrovertibile, come un’ipotesi eccezionale, legittimante l’inflizione della pena detentiva”.
