Il Corriere dello Sport propone ai lettori una nuova veste grafica, nell’impaginazione, nella scelta di corpi e caratteri. Sono affezionato al Corriere dello Sport: nel 1965, cioè la bellezza di 49 anni fa, al Corriere dello Sport fui assunto e iscritto nell’ordine dei giornalisti. Allora la sede era in via IV Novembre, il direttore era Antonio Ghirelli.
Oggi è cambiato quasi tutto. I giornalisti e i dipendenti del quotidiano di allora sono quasi tutti in pensione o non ci sono più. Ho lavorato nel palazzetto di piazza Indipendenza, cioè nella stessa sede di oggi, ma è cambiato, come ho detto, pressoché tutto. Conosco e apprezzo il direttore Paolo De Paola e il suo braccio destro Stefano Barigelli, leggo le firme di tanti bravi colleghi – che non conosco.
Roberto Amodei, figlio dell’editore che mi assunse, Franco Amodei, è riuscito a fare ciò che raramente ai figli dei grandi personaggi riesce: se non proprio emulare le gesta del padre, inarrivabile come tutti i pionieri, è stato però capace di sviluppare l’impresa, mantenere l’equilibrio tra le risorse e le ambizioni, senza trascinarla in avventure disastrose.
Complimenti a tutti, dall’editore, ai suoi dirigenti, a tutti i colleghi, fino all’ultimo e più giovane fattorino: un giornale è un lavoro di gruppo, proprio come una squadra di calcio, nel successo e nei momenti meno felici. Una famiglia, e non mi sembra retorico dirlo, visto che in questa famiglia ho vissuto per quattro anni prima di prendere strade diverse, e ancora le sono affezionato.