Ho scoperto che Piero Fassino non è il solo ad avere una specie di ossessione per le parole dette da Berlinguer a Torino in quel secondo lui fatidico 26 settembre 1980. Ieri ha parlato anche Diego Novelli, allora sindaco di Torino, con parole un po’ offensive anche se sulla linea del non può non averlo fatto piuttosto che so che l’ha fatto.
Novelli, che il 31 maggio del 2011 compirà 80 anni, è stato intervistato sulla querelle da Stefano Caselli per il Fatto quotidiano e ha detto: “Quelle frasi a Berlinguer furono estorte da un delegato della Fim, , Liberato Norcia. Ma Benedetto era un gran faccendiere che dava le dritte a tutti i giornalisti che venivano a Torino! Mi sorprende che abbia l’improntitudine di negare che una cosa del genere sia avvenuta”.
Benché un po’ timoroso di angustiare il mio prossimo con una storia vecchia e del tutto irrilevante sono costretto a tornare sull’argomento, anche se uso forse impropriamente Blitzquotidiano.it per una vicenda che è anche personale. Anche se lo è solo in parte, perché ribadire alcuni punti di verità non è solo nel mio interesse. Chiedo scusa in anticipo, perché dovrò rievocare fatti e personaggi remoti, ormai cancellati dalla memoria dei più, che non so quanto possano interessare ai lettori di oggi. Quando si guarda indietro non è mai bello, si finisce per rievocare vicende anche brutte, di sangue, ricordi dolorosi, il disgusto che ti danno le tortuosità e le ambiguità dell’anima umana, le giravolte, le evoluzioni, i voltagabbana, i rivoluzionari di ieri oggi più o meno ambiguamente al servizio dei padroni o dei loro servi la cui uccisione allora approvarono, silenziosamente o esplicitamete. Riaffiorano sospetti impronunciabili quanto radicatissimi, memorie che avresti preferito tenere sepolte, come quella sera all’obitorio, con Cesare Romiti e Luca Montezemolo, davanti al cadavere di Carlo Casalegno.
Anche se penso trattarsi di cose di scarso interesse per i più, scrivo non per l’archivio della mia memoria, ma anche perché nell’intimo il tormento che rivelano Fassino e Novelli è il tormento costante della sinistra italiana, che è ancora oggi sulle prime pagine dei quotidiani: l’angosciato rapporto tra idee principi e forme di lotta, dove risieda il giusto e dove finisca il lecito, dove finisca la protesta e cominci la violenza. È un tema essenziale, un tema quasi esistenzale, lapidariamente posto da Giuseppe Giulietti, la cui capacità sintesi veneziana umilia la mia prolissità da regno sardo.
Le parole di Novelli sono abbastanza contradditorie, perché da un lato confermano che Berlinguer disse quel che disse, anche se la colpa viene data ai soliti diavoli dei metalmeccanici (la storia si ripete, oggi tocca alla Fiom, allora era la Fim), dall’altro sostiene che non posso non averlo fatto, per definizione, perché ero un gran faccendiere (affermazione incauta, che riferita ad altri personaggi gli ha reso parecchio denaro dai giornali, alleggerendone le asprezze della vita in carcere) e davo “la dritta a tutti i giornalisti”.