
ROMA – Gino Paoli e il “furto” di diritti d’autore, dagli Internet Provider al Valle Occupato. Questione serissima quella dei diritti d’autore nell’industria culturale tutelati dalla Siae e che le lobby multinazionali degli Internet Service Provider (Isp) aggirano approfittando di extraterritorialità e presunta neutralità del fornitore digitale: talmente seria da essere oscurata dalla polemica mediaticamente più remunerativa dei diritti Siae quelli elusi dal Teatro Valle Occupatodi Roma e da altre esperienze di autogestione. La denuncia di illegalità e morosità da parte degli occupanti fatta da Gino Paoli ha innescato le prevedibili reazioni. Una cosa è certa: davvero, all’autore celebrato di capolavori della canzone italiana, classe ’34 nato a Monfalcone ma più genovese del pesto, chi gliel’ha fatto fare di prendersi una bella gatta da pelare per giunta senza macchia nera sul muso come la presidenza della Siae?
Lo spiega in una cortese lettera al Corriere della Sera del 2 dicembre, dove, dopo la volontà di non più parlare del Teatro Valle (anche per non offrire ai soci “una gratuita promozione che non meritano”) dichiara la necessità non rinviabile di condurre una “battaglia di dignità, di civiltà e di libertà” per la tutela dei diritti d’autore. Da ogni tentativo di esproprio. E giusto nei giorni in cui la Corte Europea si pronuncia per chiarire come “la normativa comunitaria ammette pienamente l’assoggettabilità degli internet service provider (come quella di qualunque altro intermediario) a provvedimenti inibitori qualora l’intermediazione sia rivolta verso siti che violano le norme vigenti” (riferisce Mauro Masi su Italia Oggi).
E’ un precedente decisivo: i ricchi provider debbono far rispettare le regole sui diritti d’autore (cioè verificare che siano pagati e non autorizzare la pubblicazione digitale di contenuti che ne siano privi) senza che la condizione di intermediari li assolva dalla loro responsabilità. Anche Gino Paoli, mentre illustra e difende il lavoro cui la Siae è deputata e cioè la tutela dei diritti d’autore nell’industria culturale (sono coinvolti 1,5 milioni di operatori, rappresenta il 5% del Pil nazionale) ne denuncia l’aggressione quotidiana e il calpestamento dei diritti suddetti:
Le grandi e miliardarie lobby internazionali degli Isp (Internet Service Provider), anziché tutelare i produttori di contenuti, si arricchiscono con la pubblicità dei siti pirata, non pagano le tasse nel nostro paese, non producono lavoro e conducono, paradossalmente sostenute da Confindustria Digitale, campagne informative di stampo populistico contro l’ «equo» compenso per copia privata, rappresentato come una tassa e non come un compenso (che nel nostro Paese è molto inferiore alla Francia e alla Germania) […] Molti rappresentanti delle istituzioni si ricordano solo delle libertà degli utenti (che non sarebbe minimamente intaccata) ma non di tutelare i nostri diritti e la nostra libertà creativa. (Gino Paoli, lettera aperta al Corriere della Sera)