Il discorso con cui il sindaco di New York Michael Bloomberg ribadisce il suo sì alla costruzione di una moschea a Ground Zero è una lezione di dialogo e convivenza religiosa. Lezione ancora più significativa se si considera che il primo cittadino è stato eletto con il Partito Repubblicano, quello in cui non mancano voci fortemente critiche nei confronti dell’edificazione del luogo di culto. BlitzQuotidiano ve lo propone come Articolo del giorno.
L’America è una nazione di immigrati e nessun posto spalanca le porte al mondo più di New York. Gli Stati Uniti sono la terra delle opportunità e nessun altro luogo offre ai suoi abitanti più occasioni per inseguire i sogni che New York. L’America è la culla della libertà. Nessuno la difende con più ardore o è stato attaccato con più ferocia a causa della sua libertà, come New York.
Nelle ultime settimane è sorto un dibattito che va al nocciolo di chi siamo come città e come Paese. La proposta di costruire una moschea e un centro comunitario a Lower Manhattan ha generato un dibattito nazionale sulla religione in America e poiché il Ramadan offre lo spunto per una riflessione vorrei discuterne.
Ci sono persone di buona volontà in entrambi gli schieramenti e auspico che il dialogo possa continuare in modo civile. Penso che la maggior parte delle persone sia d’accordo sulle due questioni fondamentali: la prima è che i musulmani hanno il diritto garantito dalla Costituzione di costruire una moschea a Lower Manhattan e, secondo, che il luogo del World Trade Center è un terreno sacro. L’unica domanda che abbiamo dinanzi è: come onoriamo quel terreno? Dopo gli attentati, alcuni sostennero che tutta la zona dovesse essere riservata a un monumento.
Decidemmo però che il modo migliore per onorare coloro che abbiamo perso e per battere i nostri nemici, era costruire un monumento commovente e ricostruire l’area. Volevamo che quel posto ricordasse al mondo che questa città non dimenticherà mai i suoi morti e non smetterà di vivere. Abbiamo promesso di riportare in vita Lower Manhattan – più forte che mai – come simbolo della nostra sfida e l’abbiamo fatto. Oggi, e più di prima, è una comunità di vicini con più persone che là vivono, lavorano, giocano e pregano. […]
