Oggi passiamo in rassegna alcuni degli album che un tastierista dovrebbe assolutamente conoscere. Che siate tastieristi, aspiranti tali, o famelici ascoltatori di musica, sono certo che troverete pane per i vostri denti nell’elenco che segue. In questo articolo si parlerà di tastiere, ma non di pianoforte, al quale magari dedicheremo un articolo specifico più avanti. Dalla fine degli anni Sessanta, gli organi (principalmente Farfisa e Hammond) e i sintetizzatori hanno infatti preso strade specifiche, che poco o nulla hanno ormai a che fare con il pianoforte. Abbiamo già parlato, nell’articolo sul krautrock, delle importanti sperimentazioni elettroniche della kosmische musik all’inizio degli anni Settanta. Citerò qui un nome per tutti: Klaus Schulze, che con i suoi timbri ha disegnato distese cosmiche per diverse band krautrock negli anni Settanta e per gli Alphaville nel 1989. Il suo album di esordio come solista è Irrlicht del 1972.
Ma nessuno degli artisti del krautrock comparirà nell’elenco che segue: per approfondire quella scena vi rimando all’articolo dedicato. Ci sono poi le storie legate a Robert Moog e al suo particolarissimo sintetizzatore, che ha caratterizzato il sound di molte band dell’epoca. E c’è il caso del mellotron, una tastiera dal suono molto distintivo, molto usato fra gli altri dai primi King Crimson (In the Court of the Crimson King, 1969) e dagli svedesi Anekdoten, che esordirono nel 1993 con l’album Vemod. Ci sono stati personaggi importanti, come Hugh Banton, tastierista dei Van der Graaf Generator e poi costruttore e produttore di organi. Insomma, la storia delle tastiere si intreccia con moltissime storie nella musica moderna e contemporanea e con moltissimi generi, dal progressive allo space rock, dal krautrock alla fusion, per poi arrivare all’ambient, all’elettronica, alla psichedelia, al pop degli anni Ottanta, che proprio dell’uso di tastiere fece il suo marchio di fabbrica. Potrete quindi immaginare che la quantità di album che andrebbero citati non entrerebbero in tre di questi articoli! E allora, partiamo con le menzioni d’onore: gli album che alla fine non hanno trovato posto nell’elenco che vi propongo, ma che meritano certamente un ascolto, o anche, perché no, un ripasso…
Nel 1978 gli Stranglers pubblicano Black and White, album in cui il lavoro di Dave Greenfield alle tastiere è secondo me particolarmente importante. Del 1969, invece è Arzachel, unico album dell’omonima band. Qui alla tastiera c’è Dave Stewart: non quello degli Eurythmics, è solo un caso di omonimia, ma comunque un personaggio molto importante per la definizione di un sound e di un’identità di una certa area del progressive. Addirittura del 1968 è l’album di esordio di Arthur Brown, The Crazy World of Arthur Brown, dove compare la celeberrima Fire e il suo organo indemoniato. Ancora in ambito progressive, mi sento in obbligo di citare il lavoro di Mark Kelly, tastierista dei Marillion, soprattutto nei primi album: l’esordio della band è Script for a Jester’s Tear del 1983. Edgar Winter, fratello del più famoso Johnny Winter, ha prodotto una gran quantità di bellissimi album, la maggior parte schiettamente rock, in cui suona organo, tastiere e all’occasione sax.
Il Live at North Sea Jazz Festival del 2010, con la partecipazione di Steve Lukather, mi pare un buon punto di partenza per capire di chi parliamo… Tra i virtuosi delle tastiere, c’è poi John Rudess dei Dream Theater: ascoltatelo ad esempio nell’album A View from the Top of the World del 2021. Siamo ormai arrivati ad anni più recenti, e tra le evoluzioni musicali profondamente legate all’evoluzione delle tastiere c’è sicuramente quella della psichedelia. Un nome su tutti: Ozric Tentacles. Perché non iniziare a conoscerli dall’ultimo loro lavoro, Lotus Unfolding del 2023? Infine, sempre in ambito psichedelico, ma decisamente più votati alla trance elettronica, ci sono i System 7. Il duo, formato da Steve Hillage e Miquette Giraudy, entrambi provenienti dai Gong, ha iniziato la sua attività nel 1991: l’album 777 del 1993 è un ascolto che sicuramente richiede una mente aperta, ma dice molto sull’evoluzione di sintetizzatori, campionatori e tastiere.
E ora, iniziamo a vedere l’elenco dei nostri eroi delle tastiere e dei loro album imperdibili!
Keith Emerson è indubbiamente un nome immancabile quando si parla di tastiere! Brain Salad Surgery è stato pubblicato dalla band nel 1973. L’asse portante dell’intero album è la lunga suite in quattro movimenti Karn Evil 9, che racconta una storia di fantascienza distopica. Nel video che vi propongo, da un live a Londra nel 2010, si può notare il complesso set up di tastiere utilizzato da Emerson nell’esecuzione live della prima parte della suite.
Altro personaggio fondamentale nella storia del nostro strumento, Wakeman è stato il tastierista degli Yes a partire da Fragile (1971). Negli album degli Yes, però, compaiono molti brani in cui è prevalente il pianoforte. Per questa ragione, ho deciso qui di proporvi uno dei suoi capolavori da solista. The Six Wives of Henry the VIII, pubblicato nel 1973, è un tripudio di moog, organi, memotron (versione elettronica del mellotron), sintetizzatori e un po’ di pianoforte. Wakeman propone una grande teatralità sul palco, nella tradizione di tanti altri suoi colleghi: viene in mente Arthur Brown che si dà fuoco al copricapo durante l’esecuzione di Fire! In questo caso è una teatralità più “pomposa”, fatta di grandi e vistosi mantelli e imponenti postazioni di tastiere, come è evidente nel video. Si tratta di un’esecuzione dal vivo con orchestra del 2009 di Katherine Parr, brano conclusivo dell’album.
Anche in Italia il rock-progressive ha prodotto grandi esempi tastieristici. Vengono in mente ad esempio l’epico famosissimo tema conclusivo di Impressioni di settembre della PFM, o il magistrale lavoro di organo in L’evoluzione del Banco del Mutuo Soccorso. I grandi interpreti delle tastiere di queste band ritornavano però spesso al caro vecchio pianoforte; con esecuzioni mirabili, in effetti, ma che si allontanano dai canoni scelti per questo articolo: ricordate, non parliamo di pianoforte. Un’eccezione è invece Gianni Leone, tastierista “puro”, ricercatore di timbri e possibilità sonore dei sintetizzatori, profondamente influenzato da Emerson. E come Emerson, fonda un gruppo senza chitarre, in cui la tastiera la fa da padrona: Il Balletto di Bronzo. Ys è il loro primo album, pubblicato nel 1972. Racconta la storia dell’ultimo uomo sulla Terra e del suo viaggio allucinante in tre incontri, prima di scomparire nell’oscurità, come la mitica isola di Ys. Nel video, Il Balletto di Bronzo esegue dal vivo l’intero album.
Spostandoci dall’ambito prog e virando più verso il rock, non posso non citare Ray Manzarek dei Doors. Nonostante l’indiscutibile carisma e grandezza di Jim Morrison, l’importanza di Manzarek nella band è evidente, sia dal punto di vista compositivo che esecutivo: l’assenza del basso in molte registrazioni e in gran parte delle loro performance live era sopperita dalle tastiere, che svolgevano quindi un doppio lavoro. The Doors è l’album di esordio della band, pubblicato nel 1967, e contiene grandi classici come Break On Through (To the Other Side), Light My Fire e The End, oltre alla rivisitazione di Alabama Song di Kurt Weil. Ad essere onesti, il pianoforte compare qua e là, ma il timbro dell’organo di Manzarek è forse una delle principali caratteristiche dei Doors. Nel video che vi propongo, un’esecuzione dal vivo di Light My Fire nel 1968.
Ancora rock, ancora un eroe dell’organo. Jon Lord ha creato un timbro inconfondibile con il suo Hammond graffiante collegato a un amplificatore Marshall per chitarra. Machine Head, pubblicato nel 1972, contiene canzoni immortali come Highway Star, Lazy, Smoke on the Water e Space Truckin’. Ed è proprio un’esecuzione live di Space Truuckin’ a New York, nel 1973, che vi propongo nel video. Qui Lord si lancia in un assolo epico di organo, sintetizzatore ed effetti vari.
Ci spostiamo nuovamente, questa volta in ambito fusion, o se preferite jazz-rock. Quando si parla di Weather Report, inevitabilmente si pensa al basso di Jaco Pastorius, dimenticando però che gli altri componenti della band non erano certo comprimari! Joe Zawinul ha dato un’impronta fondamentale sia ai Weather Report che a tutto il sound della fusion a seguire. Heavy Weather, pubblicato nel 1977, è una pietra miliare nella storia della fusion: contiene brani indimenticabili come Birdland, Teen Town, A Remark You Made… Il video, tratto da un live del 1978, ci propone una fantastica esecuzione di Birdland.
Herbie Hancock è stato un altro pioniere ed esploratore delle possibilità sonore delle tastiere in ambito fusion. Allontanandosi dai più usuali suoni di organo, ha sperimentato i limiti delle possibilità delle tastiere e dei sintetizzatori. Headhunters è il suo album del 1973 e contiene brani iconici della fusion funky come Chameleon e Watermelon Man. Il video ci presenta proprio Watermelon Man, eseguita nel 2010 al Montreaux Jazz Festival, in un medley che inizia con Seven Teens (dall’album Karibu del 2007). Questa performance è impreziosita dalla presenza di Vinnie Colaiuta alla batteria e Tal Wilkenfeld al basso.
Cambiamo ancora genere, spostandoci all’ambito delle sperimentazioni elettroniche che sono state alla base, ad esempio, dell’evoluzione dell’ambient music. Jean-Michel Jarre è stato allievo di Pierre Schaeffer, l’inventore, potremmo dire, della “musica concreta”. Nel 1976 pubblica Oxygene: un trionfo di tastiere e sintetizzatori, con uso di mellotron, organo Farfisa pesantemente modificato e molti effetti, soprattutto riverberi e delay per ampliare l’idea di spazi infiniti dei timbri. Nel video, l’intero album viene eseguito dal vivo in studio. Ben quattro tastieristi in altrettante elaborate postazioni sono necessari per l’esecuzione, e possiamo apprezzare l’utilizzo manuale di ogni forma di manipolazione del suono.
Figli di tutta questa evoluzione timbrica e profondamente debitori alle sperimentazioni del krautrock, i Depeche Mode pubblicano nel 1987 Music for the Masses, l’album che forse più di tutti li consacrò come punto di riferimento della scena dell’elettronica alternativa. In un’intervista, Martin Gore ha dichiarato: “Il mio sogno è combinare l’emozione di Neil Young o John Lennon trasmessa attraverso i sintetizzatori dei Kraftwerk. La musica soul suonata da strumenti elettronici”. L’album contiene alcuni classici immortali della band, come Never Let Me Down Again e Strangelove. Il video che vi propongo invece è di un’esecuzione live di Behind the Wheel, tratta dal loro album live 101 del 1989.
Infine, uno sguardo anche alla scena musicale più legata allo space rock e alla psichedelia. Tim Blake, già collaboratore di Gong e Hawkwind, sperimentatore nell’elaborazione elettronica dei suoni sintetici, nel 1976 ha avviato una carriera da solista, o meglio in duo, con la collaborazione dell’artista delle luci francese Patrice Warrener, usando il nome collettivo di Crystal Machine. Blake’s New Jerusalem è del 1978. All’interno dell’album è contenuta anche Lighthouse, della quale i più curiosi potranno cercare l’esecuzione live insieme agli Hawkwind nel 2012. Nel video, invece, Blake interpreta New Jerusalem, traccia di chiusura dell’album e leggendario inno della new age cosmica degli anni Settanta, in un live per la televisione francese del 1979.
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