Battiato, e il disgusto per la politica: "Una novità in Sicilia: c'è gente retta, dicono"

Una Sicilia diversa dagli anni della sua giovinezza forse sta venendo fuori. Franco Battiano parla al Corriere della Sera, confessa il suo disgusto per la politica e apre a una novità nella sua terra, la stessa che “ha insegnato al mondo il malaffare”. C’entra anche il laboratorio di Lombardo nei nuovi scenari che secondo il cantante siciliano potrebbero portare a qualche speranza. Ecco il pezzo di Paolo Di Stefano.

«I tempi sono duri, anzi direi disgustosi». Chissà se Franco Battiato spera ancora che ritorni l’era del Cinghiale Bianco. Di sicuro si augura che finisca l’età della politica dell’insulto e dell’aggressione: «Un tale trionfo dell’infamia nella vita pubblica non si era visto mai, e non solo in Italia ma nel mondo. E quando sento le insane sparate di Bossi, mi dico: da che pulpito! Ci si arma di contumelie proprio mentre bisognerebbe disarmare l’universo».

Intanto, però, se gli si chiede che cosa pensa del cosiddetto laboratorio siciliano di Lombardo, con le nuove coalizioni tecniche, Battiato non esprime opinioni tranchant ma sorride: «Mi pare che si uniscano all’alba e si dividano al tramonto, ma forse questa volta c’è davvero una novità: dicono che si tratta di persone rette. Dunque, staremo a vedere… Vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. La Sicilia ha insegnato il malaffare a tutto il mondo, di solito il suo è un esempio che si estende altrove. Può darsi che funzioni anche in questo caso». Già Sciascia, molti anni fa, sosteneva che l’Italia si andava sicilianizzando. E non era certo un complimento: «C’è una strategia nuova nella materia, una specie di metonimia esistenziale, sono apparsi tanti esseri molto vicini al disumano. In un mondo che mescola tutto, l’alto e il basso, il bello e il brutto, il buono e il cattivo, diventa difficile, per chi non ha i mezzi intellettuali, capire da che parte andare».

Battiato ha deciso da anni di stabilirsi a Milo, alle falde dell’Etna dove «è facile comunicare con gli alberi e dimenticarsi degli uomini». Com’è cambiata la Sicilia rispetto a quella della sua infanzia, anni 50 e 60, «solitary beach» e tante donne in casa a cucire?, «Allora incontravo analfabeti con una qualità interiore di “sguardo”, direi tanta gente morale, se l’aggettivo si potesse ancora pronunciare. Bastava uscire in strada per avere una scuola di osservazione dei difetti tuoi e degli altri, una scuola di attenzione: stare in giro era una specie di psicoanalisi collettiva. Oggi la gente non si accorge neanche dell’esistenza degli altri, siamo diventati tribali». Ma non sarà certo anche questa una colpa della politica: «Non si è mai vista tanta distanza tra la politica e la gente. Mentre tra i politici saltano fuori scandali di ogni tipo, criminalità e corruzione, tantissimi cittadini continuano a lavorare, a tirare avanti con onestà. Quelli che amano gli slogan da imbonitori, dicono: gli italiani ci hanno scelti. Un momento! Una parte di italiani vi ha votato, ma la maggior parte vi detesta! E sono quelli che lavorano e mandano avanti questo Paese restando nell’ombra».

Leggi l’articolo originale da: Corriere della Sera

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