Musica: Justin Bieber in Israele tra concerto e pellegrinaggio

Justin Bieber (foto LaPresse)

TEL AVIV – I fan israeliani lo invocavano da due anni: ”Vogliamo un concerto di Justin Bieber!”. Oggi tanta perseveranza è stata premiata con un concerto da tutto esaurito – e l’immancabile delirio di migliaia di ragazzine – nell’arena del parco Hayarkon di Tel Aviv, scelta per il debutto assoluto nello Stato ebraico della pop star 17enne idolo dei teenager di tutto il mondo.

Introvabili ormai da settimane, i 25mila biglietti disponibili sono stati accaparrati da altrettanti fortunati, che fin dalle prime ore del pomeriggio hanno cominciato ad affluire nel parco esibendo striscioni, t-shirt a tema e dichiarazioni d’amore. In un’atmosfera di entusiasmo che sopisce, ma non spegne del tutto le polemiche e le piccole contrarietà di una visita nata inizialmente sotto i migliori auspici.

Una visita a cui Justin – cristiano osservante, e al contempo vicino alla sensibilità religiosa ebraica – teneva come a qualcosa di più che a una semplice tappa fra le tante di un tour. I giornali israeliani, invece, sono arrivati addirittura a evocare nei giorni della vigilia il presunto ”giallo di Bieber”. Sembra infatti che il cantante canadese avesse in programma d’incontrare ieri il primo ministro, Benyamin ‘Bibi’ Netanyahu, ma che in extremis il rendez-vous sia stato poi cancellato. E non per i banali disguidi tecnici citati nella scarna versione ufficiale dello staff del premier, bensì per il rifiuto opposto dall’entourage di Bieber a farsi coinvolgere in un’iniziativa mediatica organizzata dall’ufficio del capo del governo all’insaputa dell’ospite: iniziativa che avrebbe dovuto allineare, al fianco di Bibi e di Justin, uno gruppo di bambini condotti appositamente a Gerusalemme da vari centri israeliani vicini al confine con la Striscia di Gaza sottoposti nelle ultime settimane a nuovi lanci di razzi di miliziani islamico-radicali palestinesi.

In sostanza il giovane artista avrebbe temuto di ritrovarsi oggetto inconsapevole d’una qualche forma di strumentalizzazione politica, spiegano i giornali. Citando anonime gole profonde e azzardando un titolo (‘Bieber contro Bibi’) che l’agente israeliano del cantante, Gadi Yaron, liquida peraltro come pura assurdità: ”La verita’ – replica – è che non era stato fissato ufficialmente alcun appuntamento. Incontrare Netanyahu era solo una possibilità: niente di più”.

A voler trovare qualche goccia di veleno, il materiale tuttavia non manca. Bastano i commenti – in questo caso pubblici – rilasciati da Justin sull’aggressivita’ dei fotografi locali, che lo hanno tampinato senza pietà persino durante il suo pellegrinaggio al Santo Sepolcro. Sebbene vaccinato all’invadenza di flash e tv, il ragazzo alla fine è sbottato su Twitter: ”I paparazzi – ha scritto – non hanno mostrato alcun rispetto nemmeno dei Luoghi Santi, dovrebbero vergognarsi. Fotografatemi mentre mangio, se volete, non mentre prego!”.

Bieber, che rivendica senza imbarazzi la propria fede, aveva dichiarato da tempo di ”sognare di poter camminare dove camminò Gesù”. Di qui la delusione per non averlo potuto fare con un minimo di pace. Abituato a parlare spesso di religione nelle interviste, Justin non fa del resto mistero delle sue priorità di vita. Prima di ogni concerto recita sempre una preghiera, ma non manca di pronunciare – come insegnatogli dal suo manager Scott ”Scooter” Braun, che è ebreo – pure una delle più famose invocazioni ebraiche, ‘Shemah Yisrael’ (”Ascolta, Israele”). Un motivo in più per giustificare – al di là di tutto – l’amore dei giovanissimi di Tel Aviv..

Published by
Emiliano Condò