Ligabue in versione deejay alla radio: “Così mi gusto le canzoni”

Ligabue a Sanremo (LaPresse)

REGGIO EMILIA – Luciano Ligabue torna in radio a fare il conduttore e si confida con Pasquale Elia del Corriere della Sera.

Come le è venuto in mente di tornare a fare il deejay?

«Sono partito da una considerazione di base: la musica in Internet viene ascoltata in modo frettoloso. E allora mi è scattata la voglia di recuperare lo spirito di un tempo, quando ci si metteva con calma a sentire i brani che passavano in radio».

Lei quali proporrà?

«Soprattutto quelli degli anni che finiscono per 7, in particolare il ‘67 e il ‘77, stagioni in cui circolava grandissima musica. Comunque non mi porrò limiti, anche se in generale girerò intorno al periodo che va dagli anni Sessanta ai Novanta. E di tanto in tanto mi divertirò a suonare anch’io qualcuna di quelle canzoni, giusto un accenno con voce, chitarra e piano».

A proposito dell’aria che tira, prima che Renzi diventasse premier, lei aveva detto che faceva «parte del club dei delusi del Pd»…

«Però ho anche detto: spero di ricredermi il più presto possibile. E chiunque sia alla guida, per il bene dell’Italia voglio sperare che ci sia una variazione di rotta. Comunque, è impossibile avere delle sensazioni dopo una settimana che uno è al governo. In questo momento non posso far altro che stare a guardare».

Allora andiamo sulle buone notizie: l’Italia è tornata a vincere ad Hollywood con «La grande bellezza».

«Sorrentino è una delle persone che dobbiamo tenerci ben care in questo Paese. Perché il suo spessore culturale e artistico è ormai indiscutibile. Credo che l’Oscar finalmente sia stata per lui una laurea, perché forse non tutti si erano accorti della sua bravura. Alla fine quella statuetta è un attestato che rende più evidente quello che comunque si sapeva, o almeno sui cui io scommettevo».

Voliamo da Los Angeles a Sanremo: com’è stato il suo debutto al Festival?

«Diciamo che l’esordio non è stato dei più facili. Dovevo cantare De André in genovese, voce e bouzouki, dopo che due personaggi avevano fermato la serata e io dovevo aprire la rassegna. Per il resto quel palco lo conosco bene perché ci sono stato diverse volte per il club Tenco. E se uno dimentica che c’è la televisione, l’Ariston è l’Ariston. Dopo di che, quando arrivi nei pressi del teatro vedi che è come una sorta di fortino che cerca di reggere all’assedio dei media. Sanremo comunque resta una cosa attorno alla quale, per una settimana, si concentra il dibattito culturale del Paese».

Tra pochi giorni esce per Einaudi un nuovo libro che la riguarda, «Generazione Liga», curato da Emanuela Papini, un testo che raccoglie le lettere inviatele dai suoi fan…

«Sono sedici persone che, in un’apparente normalità, raccontano la loro vita fatta di gioie, dolori, disperazioni, entusiasmi. Ma tutte le storie sono segnate da un minimo comun denominatore: la voglia di resistere. E l’idea del libro è venuta a Emanuela, una mia fan, che un giorno mi dice: “Le lettere spedite al sito Bar Mario dovrebbero circolare anche all’esterno perché la gente dovrebbe sapere che tipo di qualità umana è racchiusa in quelle parole”. Alla fine quando si parla di un fan club si ha un’immagine comune, una specie di massa. Con questo libro si entra nell’individualità, nella storia di ognuno»

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FIlippo Limoncelli