PALERMO – È la mattina di un giorno feriale qualsiasi a Palermo e, come non di rado accade, per le vie della città c’è una manifestazione. Cartelli con slogan come “noi non siamo la mafia”, oppure “noi siamo lavoratori onesti”. Nulla di strano se non fosse che, in questo caso, i manifestanti erano e sono i parcheggiatori abusivi.
Persone cioè, più che lavoratori, che rivendicano il diritto (ma quale diritto?) di poter fare a meno della legge, delle regole. Una sorta di diritto all’illegalità, un diritto invocato di prendersi la strada di tutti e la sosta altrui. Persino più incredibile è il motivo della protesta: la singolare (singolare perché di rado i Comuni e il loro vigili si caricano questa rogna) decisione presa da qualche settimana a Palermo da parte delle forze dell’ordine di multare i suddetti, multarli a norma di legge ovviamente. Multa che viene vissuta come intollerabile prevaricazione che ha fatto sì che la rabbia dei poveri abusivi vessati si trasformasse in protesta. Protesta in nome del come campo io se non posso spillare soldi all’automobilista che parcheggia?
Immaginiamo un cittadino danese, o anche solo tedesco, o comunque un cittadino di uno di quei fastidiosissimi Paesi dove le regole vengono rispettate, che si imbatta in questa notizia. Reagirà come quando noi italiani leggiamo ai nostri figli una favola di Gianni Rodari, una di quelle ambientate ad esempio nel Paese dei contrari dove tutti camminano sulle mani o fanno colazione alle nove di sera. Ecco, probabilmente così deve apparire l’Italia a chi la guarda dall’esterno, un posto dove le cose funziono al contrario di come dovrebbero funzionare.
La legge italiana considera la pratica di parcheggiatore abusivo come un reato, cioè, in parole più semplici, come una cosa che non si può e non si deve fare. E non tanto perché uno non possa aiutare gli automobilisti a fare manovra con la classica manina e l’altrettanto classico “venga dotto'”. Ma per i soldi chiesti in cambio del non richiesto servizio. Prevede poi, la legge italiana, multe salate per chi questo divieto infrange, sino a quasi 3 mila euro.
Multe che, inspiegabilmente per i poveri e illegali parcheggiatori, sono cominciate a fioccare. “Io non le pago, come i vigili si girano le butto, non ci sono soldi come posso pagare…” ha spiegato stamane un esponente della categoria a Radio Capital. Stesso esponente che, alla domanda su quanto si guadagni con questo “mestiere”, ha risposto altrettanto schiettamente: “Sui 300 euro puliti al giorno”.
Quindi, riepilogando, i parcheggiatori abusivi, ingiustamente vessati e non necessariamente in ordine di importanza, evadono sistematicamente il Fisco avendo redditi totalmente in nero; estorcono, di fatto, denaro agli automobilisti, spesso anche attraverso minacce esplicite o meno; foraggiano, in questo caso forse anche controvoglia, la malavita organizzata che gli spazi degli abusivi gestisce. Lavoratori onesti.
“Non siamo mafiosi”, scrive Massimo Gramellini su La Stampa,
“era il loro urlo di dolore, e in effetti non c’è chi non veda la differenza fra chiedere denaro in cambio di protezione e chiederlo in cambio della garanzia di ritrovarsi la macchina non rigata (o la macchina, tout court). La persecuzione dei parcheggiatori abusivi – gente perbene che si guadagna onestamente da vivere rimanendo ferma sotto il sole a non fare nulla anche per ore – rientra in un quadro di vessazioni più generale. Davanti ai tentativi, sporadici ma pur sempre arroganti, dello Stato di far rispettare la legge, stupisce che solo i parcheggiatori abbiano trovato il coraggio di ribellarsi apertamente. Cosa aspettano i borseggiatori a sfilare sotto le finestre del municipio per rivendicare la sacrosanta libertà di scippo? E gli usurai, i contrabbandieri, gli spacciatori? Immagino che il loro riserbo nasconda, più che una qualche forma di pudore, il sospetto che uno stillicidio di proteste potrebbe non sortire l’effetto sperato. Sarebbe decisamente più efficace una manifestazione nazionale che riunisse tutte queste professioni sotto il nobile vessillo del diritto all’illegalità. Additando il corteo dei parcheggiatori abusivi che rivendicavano con orgoglio l’appartenenza alla categoria, sembra che un agente provocatore appena sceso da una Panda abbia fatto notare ai vigili che finalmente esisteva la possibilità di coglierli in flagranza di reato. Non mi stupirei se gli avessero dato una multa”.
Dulcis in fundo, nel Paese di contrari in cui viviamo, hanno anche i loro sostenitori i parcheggiatori in questione. Sempre sulla radio del gruppo Espresso è intervenuto un ascoltatore che sosteneva come questa “professione” sia in realtà “una forma di ammortizzatore sociale, sempre meglio che andare a rubare“. Peccato che di rubare sempre si tratti, seppur non armati e non infilandosi nelle abitazioni altrui. E, sempre nel paese dei contrari, è probabile che troveranno i teorici dell’illegalità anche una qualche sponda politica. Intanto, gli automobilisti, pagano e nemmeno protestano.