ROMA – Winston Churchill e Benito Mussolini non ebbero mai un carteggio segreto. E questo è un fatto. Eppure, per oltre mezzo secolo, di questo fantomatico carteggio si è parlato, detto e scritto.
Sarebbe bastata, forse, la formula di commiato presente in alcune delle lettere spacciate come missive redatte dal primo ministro inglese a smascherare l’imbroglio: “Belive me sincerely yours”, un saluto che sarebbe stato più verosimile sulla labbra di Massimo Troisi in “Non ci resta che piangere” che sulla penna di un ministro di Sua Maestà. Ma non è andata così, ed oggi che la storia delle lettere Mussolini-Churchill viene definitivamente confutata da Mimmo Franzelli in un libro di prossima uscita, si può leggere questa come una sorta di ‘nonna’ della teoria del complotto. Due pagine del Corriere della Sera, a firma di Paolo Mieli, giornalista, ex direttore del quotidiano e ora studioso e scrittore di storia, lo raccontano con chiarezza e spiegano con completezza: le “lettere segrete” tra Mussolini e Churchill sono un’invenzione, un falso e anche grossolani.
Se infatti siamo ormai abituati e abbiamo fatto il callo alle storie secondo cui le Torri Gemelle le hanno distrutte gli americani, alle versioni che imputano a delle ipotetiche scie chimiche i cambiamenti climatici (ultima colpa dell’irrorazione delle scie chimiche la tragedia della Germanwings, sì pure questo è toccato leggere sul web) e via dicendo, raramente ricordiamo che dietrologi e complottisti sono, come la storia insegna, antichi quanto le società umane. La differenza tra oggi e ieri, tra il nostro presente ed il passato prossimo o meno prossimo, è infatti più nei mezzi che nella sostanza. Quello che è cioè cambiato sono in realtà i veicoli con cui “complotti” vengono confezionati e poi diffusi, ma non il loro fine.
Oggi il veicolo primo per questo tipo di fenomeno è senza ombra di dubbio internet, che anzi ha dato al complottismo una dimensione probabilmente mai raggiunta prima. Sulla rete nascono le più disparate teorie che di questo insieme fanno parte, e su internet queste riescono a raggiungere ogni angolo del globo. In passato si usavano mezzi più tradizionali, come appunto le lettere, ma la sostanza non era differente.
Lettere che, almeno nel caso del supposto carteggio Churchill-Mussolini sono state letteralmente inventate .Scritte cioè da persone che non erano né il primo ministro londinese né il Duce di Roma. “Di lettere a Mussolini – scrive Mieli -, Churchill ne scrisse una, il 16 maggio del 1940, sei giorni dopo essere diventato capo del governo. ‘E’ troppo tardi’ chiedeva lo statista inglese ‘per impedire che scorra un fiume di sangue fra i popoli britannico ed italiano?’”. Seguì risposta di Mussolini altrettanto ufficiale e pubblica con la quale il Duce confermava l’intenzione di combattere a fianco dei tedeschi. Fine, stop.
Eppure quando decenni dopo spuntò l’invenzione del “carteggio segreto” furono non pochi a crederci. Soprattutto perché un “carteggio segreto” faceva comodo, leniva la responsabilità italiana nella scelta di guerra e narrava la favola di un Mussolini, e di un fascismo, altra e diversa cosa da Hitler. Alimentare la fanta storia di un rapporto diretto tra Londra e Roma, tra Churchill e Mussolini, fatto di mezze intese e alla fine di tradimenti e abbandoni da parte inglese era robusto alibi per la destra italiana, in particolare quella neo fascista. Ma al “carteggio segreto” vollero credere, per altri motivi ovviamente da quelli politici, anche editori come Arnoldo Mondadori e Angelo Rizzoli che pagarono e pubblicarono negli anni ’50 carte tanto inattendibili quanto clamorose.
Chi volesse soddisfare tutte le curiosità su questo epistolario di fantasia troverà le risposte che cerca nel libro di Franzelli, dove scoprirà, oltre all’inglese maccheronico del supposto primo ministro, personaggi che definire di dubbia fama è per loro lusinghiero ed altri particolari letteralmente incredibili. Incredibili perché avrebbero dovuto questi particolari rendere appunto ‘non credibile’ la storia del carteggio, ed invece sono ‘passati’. Tommaso David, sedicente comandante dei servizi segreti della Repubblica di Salò, il venditore delle carte Enrico De Toma, l’aristocratico falsario Ubaldo Camnasio de Vargas
Prima del libro di Franzelli, come era facile immaginare, esisteva già chi, come Alcide De Gasperi e Giulio Andreotti, al carteggio non credevano. Eppure, nonostante le tante falle e i diversi ed autorevoli dubbi, la storia dello scambio epistolare ha retto ed è ancora oggi diffusa. Esattamente come accade con le più moderne teorie complottiste che sopravvivono nonostante le evidenze. Scrive Franzelli: “La logica del complotto creata ad arte rovescia ogni evidenza d’inesistenza in prove di autenticità…bugie con velleità di diventare storia…una costruzione dalle facciate vivaci, diero le quali c’è il vuoto”. Parla dei “mitici carteggi” che, al tempo dei “patti segreti” che regolano il mondo secondo l’ortodossia del complottismo, non sono certo solo quelli di Churchill e Mussolini. I quali, stando ai costruttori di fanta storia, si facevano sì la guerra, ma per finta e, udite/udite, per spartirsi la pace ma poi un maligno complotto fece sparire tutte le carte dal castello, tranne quelle miracolosamente riapparse…