ROMA – C’erano una volta le bandierine di Emilio Fede, era il 1995, che in una notte elettorale diventarono da blu a rosse, con annesso dolore dell’allora direttore. Oggi, a cambiare colore, sono le bandierine che coprono il planisfero, con la carta del nostro mondo che si sta colorando dei colori dell’ultradestra. Dall’Europa all’America, passando per Asia ed Oceania il vento sembra lo stesso un po’ ovunque e l’ultima bandierina piantata è quella di Jair Bolsonaro, neo eletto presidente del Brasile.
Il risultato delle elezioni brasiliane, con il candidato dell’ultra destra eletto con oltre 10 punti percentuali di vantaggio, è solo l’ultima tappa di un percorso iniziato ormai diverso tempo e molte elezioni fa. Anche se non elesse nessuno, il referendum sulla Brexit è considerato uno dei primi, se non il primo grande risultato elettorale segnale e frutto di un cambiamento dell’umore politico del mondo. Prima del referendum inglese c’erano stati, è vero, altri segnali e anche vittorie. Ma limitate alle urne di qualche Paese non di primo piano o a voti locali.
Poi è arrivato Trump, il tycoon diventato il capo di quello che veniva chiamato il mondo libero e che come slogan ha coniato il famoso ‘America first’, manifesto di quanto sia interessato ai destini del mondo… Poi l’elenco sarebbe lungo e passa, come sappiamo, anche per l’Italia: primo grande Paese europeo ad avere un governo di ultra destra. Molti elettori ed eletti storceranno il naso di fronte a questa definizione, andando oggi molto più di moda il termine ‘sovranista’, ma chi più di Matteo Salvini, che è vicepremier e ministro dell’Interno di questo esecutivo, corrisponde all’identikit del politico di ultra destra? Un elenco che ha visto piantare le sue bandierine negli Usa e in Italia ma, in Europa, anche in Polonia, in Ungheria e nella Repubblica Ceca. E poi in India, ovviamente in Russia e anche in Turchia passando, molto più a sud, per la decisamente conservatrice Australia.
E ora anche il Brasile, il paese della saudage e della samba, ma anche delle favelas che ha eletto un uomo, ex militare, che rimpiange la dittatura militare. “Il più grosso errore della dittatura brasiliana è stato torturare gli oppositori invece di ucciderli”, ha candidamente commentato l’allora candidato presidente Bolsanaro. Uno, come tutti i campioni di questa stagione politica e sociale, che non fa mistero delle sue idee, comprese quelle che sino a non molto tempi fa sarebbero state considerate sconvenienti da qualsiasi consesso sociale. Ma i tempi sono cambiati e così un ancora candidato presidente ha potuto dire, nell’ordine: “Da presidente il primo giorno chiudo il Congresso”, (cosa che fortunatamente non ha per ora fatto). “Le tasse? Io evado tutto quello che è possibile”. “A un figlio gay preferirei un figlio morto! Mai miei ragazzi non corrono questo pericolo: sono stati educati come si deve”.
“Ho studiato la disparità salariale e sono arrivato alla conclusione che questo succede perché l’imprenditore preferisce un uomo. E poi una donna può restare incinta”. D’altra parte, giusto qualche migliaio di chilometri più a nord, due anni prima era stato eletto un presidente che aveva detto, parlando della figlia: “se non fosse mia figlia…”, e che aveva sempre chiaramente trattato le donne più o meno come oggetti. Quel candidato è, nemmeno a dirlo, Donald Trump. Com’eravamo ingenui quando ci stupivamo della nipote di Mubarak e delle Olgettine, erano solo i primi vagiti di una rivoluzione che sta cambiando la mappa mondiale facendo apparire quello che fino a ieri era un regime, la Cina, come uno dei tanti. Chissà cosa ne penserà Emilio Fede…