
ROMA – Narrano le cronache di un nutrito gruppo di tecnici della Scala di Milano, in particolare elettricisti, che si rifiutano di lavorare il Primo maggio, festa dei lavoratori. Si rifiutano nonostante la stessa data sia quella dell’inaugurazione dell’Expo e che quindi sia stata prevista e fissata per quella sera importante e celebrativo spettacolo teatrale.
Narrano le cronache che il nutrito gruppo sia composto da lavoratori aderenti alla Cgil. E che mantengano il rifiuto nonostante la stessa Susanna Camusso, che della Cgil è leader, abbia fatto presente l’inopportunità del far saltare la serata alla Scala il Primo di maggio.
Narrano le cronache che coro e orchestra della Scala ci stanno a lavorare per quella sera. Che l’adesione alla proposta di lavorare in via eccezionale il Primo di maggio è ovviamente volontaria. Se accettata, prevede una indennità in denaro che va dal 100 al 140 per cento della retribuzione giornaliera, indennità che la Scala si dice disposta anche ad aumentare nel caso un lavoratore volesse devolvere la sua parte a iniziative di solidarietà sociale.
Narrano le cronache che Matteo Renzi ha voluto pubblicamente far sapere che il governo non tollererà la Scala chiusa il Primo di maggio per mancanza di maestranze. Renzi si è detto pronto a “misure normative”.
Narrano le cronache che l’annuncio e l’ira di Renzi abbiano fatto il classico “baffo” ai lavoratori elettricisti e tecnici vari che non ci stavano e non ci stanno.
Perché, le cronache lo narrano un po’ meno, non è questione né di soldi, né di diritti sindacali e neanche della sacralità della Festa dei lavoratori. Cisl e Uil e Fials hanno dato l’ok a lavorare la sera del Primo di maggio. Pure la Camusso ha invitato, quasi pregato, a fare altrettanto. Ma tra le maestranze tecniche della Scala aderenti alla Cgil fortissima è la componente landianiana (da Maurizio Landini segretario Fiom). Quindi no alla Scala aperta il Primo di maggio non per soldi e neanche per sindacato e neanche per intangibilità sacrale della Festa dei lavoratori. L’opposizione è, come si dice, politica.
“Basta leggere i blog dei duri e puri per scoprire che le motivazioni del no sono squisitamente politiche. E’ tutto un inveire contro l’Expo corrotta e corruttrice, passerella per le multinazionali…”. Così Alberto Mattioli su La Stampa e provare per credere. Cittadini organizzati in lavoratori ritengono l’Expo una fonte di inganni e imbrogli, una delle rappresentazioni sceniche del capitalismo delinquenziale, insomma una schifezza da boicottare, non fosse altro che per imperativo etico e ideologico. Come i medici obiettori si rifiutano perfino di fornire un modulo prestampato ad una donna che vuole abortire, così gli elettricisti “landiniani” de La Scala di Milano si rifiutano anche di accendere una luce nella serata del capitalismo infame. BoycottExpo! A La Scala vive e lotta la cellula Primo maggio. Ed è tutta cronaca, anche se sembra un racconto televisivo di Crozza.