ROMA – Duecentoquarantamila euro, tanto può guadagnare al massimo il Presidente della Repubblica e tanto possono guadagnare, al massimo, i dipendenti pubblici, compresi ovviamente quelli della Camera dei Deputati. Stipendio bloccato grazie al tetto imposto ed introdotto l’anno scorso per la pubblica amministrazione che a Montecitorio aveva portato con sé anche dei limiti intermedi, dei sottotetti continuando la metafora, che si sono però rivelati stretti, troppo, per chi li doveva “subire”. Così stretti che gli interessati hanno presentato ricorso, accolto dalla Camera stessa, realizzando la meraviglia, il paradosso per cui i commessi possono continuare a sfiorare a fine carriera lo stipendio dell’inquilino del Quirinale toccando i 232 mila euro e i barbieri (7 a Montecitorio) continuare a costare 500mila euro ogni dodici mesi con il più anziano che vanta uno stipendio da 143mila euro.
“L’anno scorso – scrive Sergio Rizzo sul Corriere della Sera – si era stabilito di applicare il tetto dei 240 mila euro per gli stipendi pubblici anche ai dipendenti di Montecitorio, dove le retribuzioni arrivano anche a superare anche il doppio di quella cifra. Avevano dunque fissato il tetto massimo per i superdirigenti, introducendo limiti di fascia più bassi per le categorie inferiori in modo da graduare i compensi”.
La vicenda nasce nell’ambito del contenimento della spesa pubblica con la decisione del governo, nell’aprile 2014, di introdurre un tetto ai dirigenti della pubblica amministrazione, fissato a 240mila euro. A questa norma si sono in seguito adeguate tutte le istituzioni, a cominciare dalla presidenza della Repubblica, passando poi dal Senato e dalla Camera. In particolare alla Camera sono stati introdotti dei tetti per i consiglieri parlamentari, che sono i funzionari di più alto livello (che a fine carriera avrebbero potuto raggiungere anche i 358mila euro lordi annui), e poi dei sottotetti per le altre figure professionali. Il dipendente di più basso livello, l’operatore tecnico o il commesso che a fine carriera raggiungeva i 136mila euro lordi annui, dopo la delibera aveva visto la cifra scendere a 96mila, per fare un esempio.
La logica sottesa all’introduzione dei sottotetti era quella di modulare la retribuzione massima in modo da evitare che due funzioni diverse, come ad esempio il commesso della Camera ed il Presidente della Repubblica, potessero essere retribuite praticamente allo stesso modo. Logica chiara e, evidentemente, ineccepibile. Almeno dal punto di vista teorico. Eccepibile invece dal punto di vista pratico tanto che gli interessati, come detto, hanno presentato ricorso. E grazie al regolamento della Camera dei Deputati il ricorso dei dipendenti della Camera, e scusate le inevitabili ripetizioni, è stato presentato alla Camera dove dei parlamentari della Camera che compongono la commissione competente lo hanno accolto stabilendo che la decisione della Camera era sbagliata. Sembra folle, sembra italiano non corretto eppure è così e, ancora una volta, a spiegare l’accaduto è Rizzo facendo ricordo al termine ‘autodichia’ che, nella definizione della Treccani, è “l’esercizio di attività formalmente giurisdizionale da parte della pubblica amministrazione”. Cioè il principio in base al quale le decisioni di un organo costituzionale come il Parlamento non sono sindacabili dall’esterno.
“Davanti alla proposta di applicare tetti diversi – spiega Rizzo -, commessi e documentaristi hanno abbozzato e hanno fatto ricorso all’organo giurisdizionale interno. Si tratta di una commissione composta da deputati. E ovviamente ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato dei dipendenti riottosi: l’ex deputato Maurizio Paniz. Tutto in famiglia insomma”. Risultato: il risparmio previsto da qui al 2018 per Montecitorio passerà da 60 a 13 milioni di euro. Raramente barba e capelli sono costati tanto.
Eppure commessi, documentaristi, barbieri e addetti vari della Camera dei deputati non sono soli. Sono soltanto un segmento della vasta Italia che resiste. Resistono gli autisti Atac nella trincea dell’orario di lavoro effettivo più basso d’Italia e certo d’Europa. Resistono i dipendenti comunali nella trincea del salario accessorio percepito senza lavoro o produttività accessoria, resistono tutti nei bunker conquistati finora, strappati alla lobby a fianco o comunque espugnati demolendo il pubblico denaro. Resistono tutti indifferenti al mondo, all’intero resto del mondo. Solo che non è proprio la stessa cosa resistere ottusamente se si guadagnano 1.500/2.000 euro al mese o se lo stipendio è cinque volte tanto. Non sono soli questi lavoratori della Camera dei deputati a pretendere ciò che non gli spetta, solo è che non si possono guardare tanta è la loro protervia. Come diceva un tale che faceva il filosofo…dopo una certa misura la quantità stessa muta la qualità, dopo un botto di stipendio infatti il corporativismo sindacale muta in indecenza sociale.