ROMA – Adriano Celentano pontifica, anzi comanda. E il ministro si adegua, esegue, comunica con temperstiva solerzia che Sofia “può continuare la cura con le staminali”. Cura che, a rigor di scienza, non solo è inutile ma probabilmente dannosa. “Dannosa” proprio la definizione che il ministro Balduzzi usa nel ricordare perché quella “cura pietosa” era stata sospesa per la bambina. Dannosa probabilmente era e dannosa probabilmente resta. Ma diamogliela lo stesso perché si è fatto casino, gran casino sui giornali ed è meglio adeguarsi al vento che tira. Non l’ha forse detto Celentano che è per storie come quelle di Sofia che Grillo ha vinto le elezioni? E’ questa la sintesi, e purtroppo la morale, di una storia drammatica come ce ne sono molte, trasformata in evento mediatico e in occasione non mancata di brutta figura per lo Stato.
Per riassumere i precedenti capitoli va detto che la storia è quella della piccola Sofia, una bimba affetta da leucodistrofia metacromatica, un male che i medici giudicano oggi incurabile. Sulla pelle della bimba si consuma nei mesi passati uno scontro che da privato diventa pubblico: cure con le staminali sì o cure con le staminali no. Ieri poi (6 marzo) Celentano scrive un appassionato pezzo al Corriere della Sera dove spiega che Beppe Grillo ha vinto perché ha sposato la causa della piccola Sofia che con le staminali voleva essere curata. O almeno è quello che volevano i genitori, la bimba è infatti ancora troppo piccola per poter dire la sua con cognizione di causa. Tesi ardita ma tant’è.
Dopo il prestigioso intervento, nella notte, il ministro Renato Balduzzi, nonostante le conclusioni della scienza certifichino che quelle cure sono nel migliore dei casi inutili, s’arrende: le cure sono secondo l’Aifa , Agenzia del farmaco,”dannose” ma il caso di Sofia è particolare e quindi le cure possono proseguire. La scienza, lo Stato che abdicano di fronte alla magia e soprattutto se la squagliano di fronte all’ria che tira. Quel Balduzzi che dice ieri no ma oggi sì a qualcosa che di certo non cura e forse fa danno è una splendida riedizione di Ponzio Pilato che si adegua alla volontà popolare che salva Barabba e crocifigge Gesù.
Unica, piccola voce fuori dal coro quella del direttore dell’istituto Telethon San Raffaele che prova, sempre tramite il Corriere, a spiegare a Celentano e al mondo che le cure si basano o almeno dovrebbero basarsi su un metodo scientifico. Una battaglia probabilmente persa.
“Non è il ministero – scrive Balduzzi – a decidere se una terapia deve essere interrotta oppure no: nei mesi scorsi l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha effettuato accertamenti e ispezioni, mentre la magistratura ha aperto alcune inchieste sul caso della ‘Stamina Foundation’”. Il risultato delle indagini è che “il trattamento al quale era sottoposta Sofia era dannoso per la sua salute. Per questo la cura è stata interrotta”. Ma “il caso di Sofia è particolare, ha delle peculiarità che dobbiamo valutare con grande attenzione e per questo ho deciso che va fatto un approfondimento tempestivo, nei prossimi giorni. Tra una settimana ne riparlerò con i genitori della piccola. Intanto la bambina potrà proseguire le cure con le staminali in un laboratorio autorizzato dall’Aifa”. Già, perché oltre ad essere dannosa la cura, il laboratorio che la somministrava è anche finito sotto inchiesta e non ha ancora fornito agli organi competenti la documentazione scientifica sul metodo da loro applicato.
Evidentemente però in questa vicenda la scienza c’entra poco o nulla. Se a qualcuno venissero in mente parole come metodo scientifico o metodo empirico è meglio che le dimentichi. Le ragioni di Celentano, ed evidentemente quelle di Grillo che prima di Sofia aveva sposato anche la causa Di Bella con la scienza non hanno nulla a che fare. La logica, consapevole o meno, che anima queste grida compassionevoli è che non esiste scienza né competenza, che ognuno ha diritto alla cura che vuole o sogna e immagina. Corollario non indifferente: la cura anche se immaginata e immaginaria deve essere pagata dalla collettività. Sempre e comunque, anche quando fosse la cura di una “santone” o “guaritore”. E’ già accaduto per il protocollo Di Bella, poi rivelatosi più che inefficace nella presunta cura del cancro. Logica per cui domani qualcuno chiederà il rimborso alla pubblica Sanità per le spese sostenute per i porri di rospo che tolgono il malocchio.
Tutto a questo mondo è perfettibile ma esistono dei protocolli, delle regole che la comunità scientifica internazionale, non quella italiana che secondo Grillo e Celentano è probabilmente corrotta dai politici-morti, si è data per discernere tra quello che funziona e quello che no, tra cure efficaci e magia. Non si tratta di una questione di soldi ma, come conseguenza di queste regole, la sanità pubblica sarebbe tenuta a tenere in considerazione e pagare solo i metodi riconosciuti validi. Eppure Balduzzi, che in questo caso lo Stato dovrebbe rappresentare e la scienza difendere, vede delle “peculiarità”. Quali che siano non è dato saperlo, ma è lecito immaginare che queste particolarità possano essere riassunte nei nomi di Celentano e Grillo e nella locuzione caos mediatico. E così a quel paese la scienza e lo Stato e che la cura prosegua.
Esiste però qualcuno che ricorda ancora cosa sia il metodo scientifico e che, probabilmente unico soggetto che in questa vicenda ha preso la parola con cognizione di causa, prova a spiegare al molleggiato, e indirettamente al ministro, come stiano le cose. Risponde quest’uomo al nome di Luigi Naldini, direttore dell’Istituto Telethon San Raffaele di Milano e presidente della società europea di terapia genica. Scrive Naldini: “Le scrivo dopo aver letto la sua lettera, per mettere in guardia lei e soprattutto i malati, rispetto a promesse di cure miracolistiche se prive di fondamenti scientifici e per sottolineare l’importanza del rispetto delle regole fondamentali che sono state create a tutela dei pazienti. Per questo ho deciso di raccontarle la storia dei bambini affetti dalla leucodistrofia metacromatica, la stessa della piccola Sofia, che da molti anni sono seguiti dal centro che dirigo (…) Una delle cose più difficili del nostro lavoro è dire ad un genitore che non c’è soluzione per la malattia di suo figlio (…) Davanti all’incredulità di padri e madri, la tentazione di ‘provarle tutte’ è forte: in quel momento scompaiono convegni, pubblicazioni scientifiche, si vorrebbe una bacchetta magica. Abbiamo a disposizione, invece, ‘soltanto’ i nostri studi. Lavoriamo da oltre dieci anni cercando di correggere il difetto genico che è alla base di questa malattia (…) Seguire questi bambini è stato essenziale per capire la storia della malattia e disegnare uno studio clinico, che è iniziato nel 2010 e ha coinvolto otto bambini provenienti da tutto il mondo, paesi poveri e paesi ricchi. A tre anni di distanza i risultati sono incoraggianti: in una fase in cui ci saremmo aspettati di osservare i primi segni di deterioramento vediamo che stanno bene e crescono come i loro coetanei. Non ci azzardiamo a parlare ancora di cura, per questo serve tempo (…) Bisogna dimostrarne l’efficacia e la sicurezza, sotto il controllo delle autorità competenti e condividendo i risultati con la comunità scientifica. Regole che possono apparire fredde, ma che ci sforziamo di rispettare proprio per tutelare i pazienti ed assicurare il futuro sviluppo delle terapie se dimostrate sicure ed efficaci”.