ROMA – La questione è antica quasi quanto l’uomo: le scelte che compiamo ogni secondo della nostra vita sono libere? Non si tratta di libertà di pensiero e/o democrazia, ma di libero arbitrio o determinismo. Già i greci con il Fato si erano cimentati nella materia che ha poi appassionato la filosofia di tutti i tempi, da Sant’Agostino a Spinoza. Materia che sinora è rimasta senza una risposta certa anche se, le ultime ricerche, hanno evidenziato dei dati che se non pongono dei limiti certi alla nostra libertà, quantomeno ci dicono quanto siamo ancora lontani dal capire come funziona il nostro cervello. Ora sappiamo che il cervello decide 8 decimi di secondo prima della mente, prima di noi. La questione è chi o cosa è che “sceglie” in quegli otto decimi.
Già nel 1979 Benjamin Libet dimostrò con un esperimento che la corteccia motoria si attiva prima dell’atto volontario. Per 8 decimi di secondo non siamo consapevoli di una decisione che è già stata presa. In parole povere quando decidiamo ad esempio di dare un’occhiata fuori della finestra, l’impulso elettrico che comanda i nostri occhi parte 8 decimi di secondo prima che noi prendiamo consapevolmente la decisione di guardare oltre il vetro. Ma allora chi lo fa partire se non siamo “noi” a farlo? Esiste un’entità chiamata Fato, destino o in qualsiasi altro modo a cui non possiamo sottrarci che decide per noi o esiste qualche altra ragione, biologica, che ad oggi non siamo in grado di comprendere?
La questione non è ovviamente di poco conto. Non serve essere filosofi per capire che se le nostre scelte non sono libere l’etica cessa di esistere, così come il concetto stesso di responsabilità, come quello di merito, che perdono la loro ragion d’essere. E poi Dio, un eventuale essere superiore che ci ha creato e che tutto sà, sà anche quello che faremo? Se la risposta fosse sì sarebbe per noi inutile prendere delle decisioni che sono comunque inevitabili. Oppure Dio non è onnisciente come alcune religioni credono?
Scendendo dai cieli sulla terra, e passando dalla teologia alla biologia, la questione non perde certo d’importanza. Se con la risonanza magnetica funzionale un neurologo può “vedere” la nostre decisioni prima che queste siano da noi prese in modo consapevole, dove va a finire il libero arbitrio? Che merito ci sarebbe nel fare il bene anziché il male? L’etica, come detto, andrebbe a farsi benedire.
Questione dunque eternamente attuale quella del libero arbitro o meno tanto che, solo pochi mesi fa, la fondazione americana Templeton ha stanziato 4,4 milioni di dollari per chiarire se siamo davvero liberi di prendere decisioni e, limitandosi alla biologia, per tentare di vederci più chiaro dovremmo capire come funziona il nostro cervello. Il nostro organo più importante e allo stesso tempo quello più sconosciuto.
Il cervello rappresenta il 2 per cento del nostro peso corporeo e da solo assorbe un quarto dell’energia che bruciamo, con una differenza di consumo minima tra sonno e veglia. L’attività neuronale poi è come una sorta di “rumore bianco”, cioè casuale, nel quale paradossalmente il segnale significativo assume più evidenza appena supera una determinata soglia. L’attività cerebrale è cioè sempre in essere, l’area che presiede al movimento degli occhi ad esempio non è mai spenta, non si accende quando muoviamo gli occhi, ma aumenta solo quando decidiamo di farlo.
Arnaldo Benini, docente di neurologia all’università di Zurigo, in “La coscienza imperfetta”, invita a non cercare l’introvabile e ricorda che quando si studia il cervello “l’esploratore, per la prima volta nella storia della ricerca, coincide con l’esplorato”. In altre parole, per comprendere il cervello, ci vorrebbe un meta-cervello che non abbiamo. La coscienza sarà sempre imperfetta perché non potrà mai abbracciare tutta se stessa. Ed è vano almanaccare sull’enigma dell’emergere del pensiero e della morale: biologicamente “il compito essenziale dei cervelli, quello umano incluso, è di prendersi cura della sopravvivenza del corpo di cui fanno parte”.
Almanaccare sarà vano, una risposta definitiva forse non sarà mai trovata, ma oggi, quegli 8 decimi di secondo che passano tra quando l’area del nostro cervello si accende e quando consapevolmente prendiamo una decisione, rappresentano un ennesimo dato inspiegabile in una ricerca che affascina l’uomo dalla notte dei tempi.