ROMA – La furia omicida di Claudio Giardiello, l’uomo che ha ucciso tre persone all’interno del palazzo di Giustizia di Milano, ha catalizzato l’attenzione di tutto il Paese per buoni due o tre giorni. Dando anche il là al dibattito, e alle polemiche, sulla sicurezza dei tribunali italiani. Ma nonostante spesso non se ne accorgano le cronache nazionali, la violenza della ‘brava gente’, della gente comune dentro le Aule di giustizia non è affatto cominciata con la follia del conte Tacchia brianzolo. Lui, Giardiello, al massimo le ha fatto fare un “salto di quantità”, presentando come saldo della sua furia tre cadaveri. Ma dal nord al sud della Penisola, gli episodi violenti all’interno dei Tribunali sono tutt’altro che un’eccezione.
“A Reggio Emilia in una causa di divorzio – racconta Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera – un uomo ha ucciso la moglie e il cognato, sparato all’avvocato della donna e ferito un poliziotto prima di essere abbattuto da un altro agente casualmente in corridoio”.
“A San Donato Milanese nel contesto di un’altra conflittuale separazione un padre ha ucciso il figlio di 9 anni davanti agli assistenti sociali dell’Asl e si è suicidato”.
E l’anno scorso a Nocera Inferiore – tribunale che come molti altri è senza metal detector, senza guardie agli ingressi, senza grate alle finestre dei giudici al primo piano e senza filtro interno perché dentro c’è persino un parcheggio comunale – un’udienza di sfratto era finita con il brutale pestaggio (braccio fratturato e denti rotti) del padrone di casa sottratto alla furia dell’inquilino solo dalla fortuita presenza di un magistrato cintura nera di arti marziali”.
“A Velletri parenti e amici di tre condannati per violenza sessuale hanno messo a ferro e fuoco l’aula di Tribunale costringendo i giudici ad asserragliarsi in una stanza e ad aspettare i rinforzi…”
Casi questi che Ferrarella mette in fila per contestare lo stupore seguito ai fatti di Milano. Uno stupore assoluto che è evidentemente non giustificato vista l’assoluta non originalità dell’accaduto. Stupore che porta ad una lettura fuorviante del’accaduto a Milano proprio perché dimentica e trascura che accade spesso e quai ovunque nell’Italia contemporanea. Gli episodi di violenza, violenza della gente in Tribunale, attestano di un ribellismo alle regole, allo stesso sistema regolatorio. Non della giustizia e/o della magistratura. Ma della convivenza, della minima convivenza civile.
Ribellismo che si fregia dell’alibi della crisi economica che nulla c’entra. Ribellismo che si avvale talvolta di disagio psichico, ma anche no. Giardiello ad esempio appare lucidissimo finora nel programmare la vendetta omicida, nello scappare, nel gestire la sua stessa cattura, nell’accusare malore davanti ai magistrati, nel far arrivare alla stampa messaggi “speravo mi trovassero la pistola…dirò le ingiustizie subite…”. Un inquilino moroso che aggredisce e manda all’ospedale il padrone di casa, un clan che difende a mano quasi armata gli amici stupratori, un padre che, pur al colmo della disperazione, uccide il figlio. Per comportamenti come questi, come per Giardiello, non ci sono condizioni familiari, economiche o sociali che possano rappresentare giustificazione o attenuante. e spesso, quasi sempre a dire il vero, viene varcata la linea che separa la spiegazione dell’accaduto dalla giustificazione/attenuante dell’accaduto.
Accade poi anche altro, una sorta di coazione a ripetere secondo la quale ciascuna categoria cerca, trova ed esalta i morti “suoi, la “sue” vittime. E’ accaduto anche stavolta con Gherardo Colombo, magistrato, scattato a dire che il clima contro la magistratura incoraggia episodi come quello di Milano. E poi altri magistrati a denunciare l’eterno “ci hanno lasciati soli”…Tutti in Italia invocano e deprecano “l’esser stati lasciati soli”. Ma la furia di Giardiello non era contro un magistrato, era ANCHE contro un magistrato, e non a caso, quando è stato fermato, il killer stava a suo dire andando ad uccidere ancora.
Come dice lo stesso magistrato Colombo, il “clima ostile” c’è, eccome se c’è in questo paese. Ma è dell’individuo contro l’individuo, delle famiglie contro famiglie, dei territori contro territori, corporazioni contro corporazioni, lobby contro lobby…con la conseguente dissoluzione della convivenza e delle sue regole. E’ questa la massima e crescente insicurezza.