WASHINGTON – Condannati all’ergastolo, sono stati rilasciati dopo 36 anni di detenzione. Detenzione ingiusta. Ingiusta perché non avevano commesso il fatto, ma la loro colpa era di essere i perfetti colpevoli: 3 ragazzi neri. Succede in Maryland dove, nel 1983, Alfred Chestnut, Andrew Stewart e Ransom Watkins, allora 16enni, furono accusati e condannati al carcere a vita per l’omicidio di un 14enne. Salvo, 36 anni dopo, accorgersi che non erano stati loro. “A nome del sistema di giustizia penale, e sono sicuro che questo significa molto poco per voi signori, ho intenzione di scusarmi”, ha commentato il giudice del tribunale di Baltimora, Charles Peters, che si è scusato a nome del sistema giudiziario americano con i tre uomini.
Mentre la procuratrice di Baltimora, Marilyn Mosby, ha detto chiaro e tondo che i tre erano stati condannati a causa di errori della polizia e della procura. Secondo le indagini di quest’anno “gli investigatori presero di mira i tre ragazzi neri e per costruire l’accusa influenzarono e intimidirono altri adolescenti”. Durante l’indagine la polizia ignorò le testimonianze di chi accusò un’altra persona – morta nel 2002 – che era il vero assassino. Non è la prima volta che accade, in America e non solo, e nulla lascia pensare che sarà l’ultima.
Bob Dylan, il menestrello del rock nonché premio Nobel per la letteratura, su una storia pressoché identica ha scritto una delle sue più belle canzoni: Hurricane. Allora in carcere finì il pugile Rubin “Hurricane” Carter, colpevole solo di essere nero e per questo accusato e condannato per un crimine mai commesso. Oggi, o meglio nel 1983, ad essere condannati sono stati 3 anonimi adolescenti che in comune con Hurricane Carter avevano e hanno il colore della pelle. La vittima in questo caso era un ragazzo di appena 14 anni, Duckett DeWitt, colpito da un colpo di pistola al collo per derubarlo della giacca della Georgetown University.
A ucciderlo, è stato stabilito ora, fu però un altro studente, Michael Willis, a sua volta ucciso in una sparatoria nel 2002. Una verità che, come sottolineato dalla procuratrice di Baltimora, con indagini ben fatte sarebbe potuta venire fuori già 36 anni fa. Ma così non è stato. C’è voluta invece la tenacia di Chestnut, che qualche mese fa aveva scritto una lettera alle autorità dopo aver ottenuto i documenti con i racconti di diversi testimoni. Quei testimoni che avevano identificato il killer ma erano stati ignorati dalla polizia. “Quella di oggi non è una vittoria ma una tragedia – ha detto la procuratrice Mosby – Questi uomini si sono visti rubare 36 anni della loro vita”. Chestnut, Stewart e Watkins hanno infatti passato dietro le sbarre più anni di quanti non ne avessero trascorso fuori. E nessun indennizzo economico potrà mai ridargli quegli anni.