VENEZIA – Quasi 40 milioni di euro che secondo l’accusa (riportata dal Corriere della Sera) sarebbero stati consegnati da 3000 piccoli e medi investitori accecati dall’abbaglio del guadagno facile e consistente: più 10%. Questo, sempre secondo l’accusa, avrebbe promesso il Venice Forex Investment group. di Fabio Gaiatto, già operatore del turismo.
E i 3000, come accade dalla notte dei tempi, si sono accorti che per loro qualcosa non andava quando ormai era troppo tardi. Il Corriere della Sera riporta le accuse, alludendo che lo schema sarebbe stato quello classico, lo schema Ponzi: guadagni alti ai primi che entrano e poi chiacchiere e promesse sino alla fuga con la cassa. Le varianti di questa traccia sono tante ma così è andata anche in Veneto.
Gaiatto, dopo aver fatto il direttore d’albergo, si è buttato nel campo della finanza ed in particolare nel settore dei cambi di valuta. Questa passione lo porta a creare il Venice Forex Investment group che dalle campagne veneziane di Portogruaro arriva in Croazia, Slovenia, Inghilterra e Stati Uniti. Dice l’accusa (e riporta il Corriere): il Venice Group propone un prodotto Forex che sostanzialmente consiste nella compravendita di valute e promette guadagni in doppia cifra.
Alcuni forse sarebbero stati più prudenti prima di investire i propri risparmi, ma i 3000 nordestini stufi, come molti, delle banche e del ‘sistema’, compaiono non solo un imprenditore che investe 8 milioni di euro nell’impresa di Gaiatto ma anche due esperti di bitcoin e qualche carabiniere. La somma media data in gestione al fondo di Gaiatto (sempre secondo chi ha condotto le indagini) è di circa 15mila euro e questo nonostante il Venice Group sia già sotto la lente della Consob.
“Già il 21 ottobre del 2016 – scrive Andrea Pasqualetto sul Corriere della Sera – gli ispettori della Commissione nazionale per le società e la borsa contestavano infatti a Gaiatto la violazione della legge sull’esercizio dell’attività d’investimento. Nove mesi dopo, il 20 luglio 2017, la Consob concludeva così: ‘Sanzione amministrativa di 15 mila euro per l’attività illecita’”.
Più o meno un anno dopo sul tavolo del procuratore di Pordenone Raffaele Tito e della pm Monica Carraturo ci sono un centinaio di querele, presentate da chi non ha più rivisto le somme investite. E’ stata aperta un’inchiesta per truffa aggravata, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, appropriazione indebita, riciclaggio e ci sono tre indagati: Gaiatto e due suoi collaboratori, per un buco da 37 milioni di euro.
“L’operatività riguarda flussi di denaro da e per la Croazia di considerevole ammontare, a cui si aggiungerebbero prelievi di denaro contante presso gli sportelli automatici della banca eseguiti con carte aziendali emesse da operatori croati”, scrivono in un’informativa gli uomini del Nucleo di Polizia economica e finanziaria di Venezia.
E Gaiatto? Lui dice di essere stato “tradito da due collaboratori incompetenti” e che il buco da 37 milioni è sostanzialmente inventato avendo “moltissimi dei 3000 già recuperato il capitale investito inizialmente e oltre”.