ROMA – “Ci vediamo fuori”. “Ti uccido”. Questo avrebbe gridato, minacciato e promesso il cittadino Gianluca Castaldi divenuto senatore rivolto alla ora a suo dire ex cittadina ma ancora senatrice Paola De Pin. Rea di aver scelto di votare la fiducia al governo Letta perché “andare a votare per la quarta volta con questa legge elettorale sarebbe da irresponsabili”. L’interessato ha smentito, la senatrice “non ha sentito bene”, comunque qialcosa è stato gridato con rabbia e minacciato nell’aula di Palazzo Madama, qualcosa da Castaldi alla De Pin.
Qualunque siano state le grida di castaldi, è proprio la De Pin ha dire che “è un sacco di tempo che riceve minacce. Mail di insulti. Telefonate. A lei e alla sua famiglia. Come succede a molti che con il “MoVimento” hanno a vario titolo a che fare, a molti che hanno contatti, fosse anche solo di opinioni con quelli che possiamo tranquillamente chiamare i Guardiani della Rete. Si sentono tali e come tali si comportano. E’ un fenomeno di costume, un abito culturale, quasi un comune sentire in un vasto e preciso segmento della popolazione. E non riguarda certo solo la politica, qualche settimana fa Silvia Bencivelli segnalava su La Stampa la valanga di insulti, accuse e anche minacce piovutele addosso dai “Guardiani della Rete”.
E cosa aveva mai fatto la Bencivelli per meritare tanta sdegnata pressione e condanna? Aveva scritto su carta stampata la storia del mito delle scie chimiche in cielo, aveva portato argomenti e fatti acclarati a smontare il mito. Le hanno scritto “ammazzati”, “quelli come te fanno una brutta fine, “vergogna per il genere umano”, “venduta” e, ovviamente, trattandosi di giornalista donna, “puttana”. E ciascuno può provare per credere: se nella Rete immetti un’opinione, un pensiero, ma anche una incontrovertibile notizia che non collima con la narrazione e il sentimento che definiamo per semplicità “grillino”, allora immancabilmente scatta via Rete la reprimenda, la punizione, l’avvertimento, la minaccia, l’insulto, l’intimidazione. I Guardiani della Rete sono una razza violenta, una casta che presiede alla corretta e per definizione unica liturgia del pensiero. Due cose non vogliono soprattutto i Guardiani che circolino in Rete senza che qualcuno non morda loro le calcagna: la competenza e la scienza.
Coerentemente i Cittadini eletti adottano lo stesso linguaggio in Parlamento. La minaccia quindi, l’intimidazione, a prescindere dai termini scelti da Castaldi, non sono accessorie ed episodiche, sono una sorta di etica missione della vigilanza. Vigilanza grillina, misura e metro del mondo a 5 Stelle. Coerentemente il Cittadino, che in tutta coscienza si è auto proclamato puro, si fa Sceriffo che vigila sulla purezza altrui e segnala e reprime l’altrui impurità. Succede tra parlamentari e ad ogni momento e livello del sociale. Una forma che è di “comunicazione” ma anche un modo, un prodotto di quella che è l’ideologia dei grillini: “Fuori di noi non c’è niente”, la rivendicazione della neo capogruppo Paola Taverna. Stop, fermo immagine su quel “niente”, anzi “gnente” declinato con il disprezzo strascicato e ostentato che l’inflessione romanesca consente nel caso. “Siete gnente, gnente” anche se la Taverna non lo sa è violenza. Intellettuale molto più e prima che verbale.
L’insulto, la minaccia, le accuse, anche personali e la totale non accettazione, anche solo a livello di ascolto, sembrano essere diventati un tratto distintivo dei 5 Stelle. Un modus comunicandi che nella Rete, forse non a caso patria del MoVimento, ha trovato la sua ultima e più recente collocazione. A chi poche settimane fa ha provato a spiegare come e perché la notizia delle scie chimiche che avvelenano i cieli di tutto il mondo sia una bufala, sono arrivate decine di mail di insulti, di “venduta” eccetera eccetera. La bufale, le teorie complottiste, le dietrologie più astruse sono pane quotidiano per la rete, e il MoVimento che alla rete si abbevera è spesso portare e promotore di alcune di queste discutibili tesi. Era appena l’11 settembre scorso quando, un altro cittadino grillino, affermò come gli attacchi alla Twin Towers fossero di responsabilità americana ed altre amenità simili.
Non solo però le tesi sono state assorbite e portate in Parlamento dai grillini, ma, cosa più grave, anche le forme di comunicazione e confronto, oltre che le scomposte reazioni. Delle scie chimiche si spiegava come, dal punto di vista scientifico, e con le relative evidenze, non fossero queste strane armi di distruzione di massa, ma la semplice condensa degli aerei. Si può dubitare anche della scienza per carità, o almeno di quella riportata per interposta persona, ma il riflesso istintivo è stato “venduta”, o “puttana”, a seconda del vocabolario dell’interlocutore che sul web ha protestato. Interlocutori che, forse grazie all’anonimato che internet garantisce, hanno da tempo cominciato a comportarsi e sentirsi come “guardiani della rete”, della verità. E i “guardiani”, ora, sono anche in Parlamento.
Episodio, quello delle scie, che va assolutamente in parallelo con quanto accaduto ieri (2 ottobre) al Senato. Lì, a palazzo Madama, la senatrice De Pin ha annunciato come, “seppur con la morte nel cuore”, aveva deciso di votare la fiducia perché non si può andare alle urne ancora col Porcellum. “Andare al voto con l’attuale sistema elettorale sarebbe una irresponsabilità senza precedenti – ha detto la De Pin -. Non siamo arrivati qui per salire sul tetto di Montecitorio o per insultare i colleghi dissenzienti, come fanno quelli che, con le scuse della fedeltà ad un pezzo di carta, hanno tradito gli elettori alla ricerca di un cambiamento”.
Si può, e certamente dissentiranno, gli eletti e gli elettori di Grillo, ma la libertà di pensiero oltre che un diritto costituzionale sarebbe pilastro della democrazia. Con tutto il rispetto per gli interessati poi, la De Pin, per quanto sino a ieri illustre sconosciuta, non sembra poi somigliare ad uno Scilipoti qualsiasi. Senatore assurto, sfortunatamente per lui e grazie al duetto Sallusti-Cicchitto, a paradigma dell’insulto politico. E non sembra, sempre la De Pin, avere la verve di quel Di Girolamo che oggi accusa Silvio Berlusconi di averlo comprato a suon di euro, per far cadere il governo Prodi, e poi scaricato.
La scelta della De Pin, visibilmente emozionata durante l’intervento ed esplosa poi in un pianto nervoso, appare al contrario una vera scelta politica. Scelta che si può condividere o detestare, ma politica. Cioè una di quelle scelte che tutti, e specie chi in Parlamento siede, sono chiamati a fare ogni giorno e, nel caso dei secondi, rappresenta anche il loro incarico. Quella di ieri è stata forse una delle giornate più politiche che le nostre istituzioni ricordino negli ultimi anni. A palazzo Madama si è assistito all’esito, per alcuni versi clamoroso, di una durissima lotta politica. Il governo ha cambiato natura e base, gli equilibri si sono modificati e per ore, prima di sapere come sarebbe finita, l’incertezza è stata assoluta. Si parlava, e a ragione, del destino stesso del Paese e degli italiani che, in caso di crisi, ci avrebbero certamente rimesso. In questo quadro una senatrice ha, esercitando un suo diritto, sentito di dare il suo voto affinché l’esperienza di governo continuasse ritenendo, a torto o ragione ma comunque nel suo diritto, che questa fosse la scelta migliore nell’interesse degli italiani. I grillini, a quanto pare però, annebbiati forse dalle scie chimiche, o dal loro capo che dell’insulto e dell’intimidazione (vedi messaggio di nemmeno una settimana fa ai direttori dei Tg Rai, “Vi vengo a cercare a casa”) ha ormai da tempo fatto un suo tratto distintivo.