ROMA –Giovedì gnocchi, venerdì crisi di governo, lunedì sciopero dei bus nelle città: una perfetta e piena, abituale e non sorprendente settimana italiana. Gli gnocchi sono una tradizione cui in moltissimi siamo affezionati, la crisi di governo con annesso ritiro dei ministri Pdl l’ha promessa a se stesso Berlusconi martedì, chissà se poi manterrà la promessa che si regala due volte a settimana e infine lo sciopero del trasporto pubblico cittadino è ormai una graziosa abitudine, stavolta con una variante: il lunedì. Di solito è il venerdì, comunque, venerdì o lunedì, sempre a far massa in calendario con il week-end.
Sì, no, forse. Le ultime oscillazioni del barometro di Arcore assegnano al governo Letta ancora pochi giorni di vita: venerdì o nel fine settimana al massimo tutti a casa. Con il Pd che non vuole nemmeno sentir parlare di allungare i tempi in giunta al Senato, la giunta che deve decidere sulla decadenza di Berlusconi, con il Pdl che fa le prove del ritiro ministri dal governo, con Berlusconi stesso che vuole “onore politico” e cioè che gli siano abbonate decadenza e non eleggibilità e con la strada che porta al Quirinale che sforna di simili grazie impercorribile…Quindi, stando alle penultime cronache il Cavaliere avrebbe deciso di staccare la spina e di farlo prima che la giunta si riunisca, prima del fatidico nove settembre. Magari venerdì 6 di settembre.
Ricordare di come le idee sul da farsi in casa Berlusconi siano quanto meno contraddittorie è certamente importante. Già all’interno del partito vivono due anime, quelle interpretate dai cosiddetti falchi e colombe. A queste si aggiungono poi le posizioni dei familiari del Cavaliere e dei suoi legali e, a tutto questo, si sommano le personali e decisive opinioni dell’ex premier. Un cocktail esplosivo che ha trasformato la posizione di Silvio Berlusconi sul governo, lo tengo in vita per ottenere qualcosa o lo faccio cadere perché non mi vuole dare nulla, in un eterno pendolo che ogni giorno, talvolta anche ogni ora, oscilla prima da una parte e poi dall’altra. Già altre volte aveva promesso che avrebbe mandato a fondo Letta e i suoi imponendo le dimissioni ai ministri in quota Pdl e già altre volte ci aveva ripensato dicendo che la sopravvivenza del governo non era in discussione. Un comportamento e un modus operandi non così sorprendente per il Cavaliere che, come recitava una battuta, ha abituato l’Italia al super lavoro del suo ‘ufficio smentite’. Manfrina, recita, strategia, incertezza, confusione…qualunque cosa sia, continua.
Ma che si smentisca o meno, le ricostruzioni di tutti, quotidiani compresi, danno oggi un Berlusconi ormai deciso per il tutti a casa. Decisione che verrebbe formalizzata nella finestra temporale compresa tra il ritorno in Italia del premier Enrico Letta, ora impegnato al G20, il no del segretario Guglielmo Epifani all’ultimatum di Alfano e la riunione della giunta del Senato che si dovrà pronunciare sulla decadenza del Cavaliere da senatore della Repubblica. Una finestra temporale assai limitata che riduce l’aspettativa di vita del governo ad appena poche ore considerando che l’appuntamento in giunta è per lunedì 9 settembre.
La decisione dell’ex premier sarebbe frutto di diversi fattori. Ugo Magri su La Stampa individua come causa principale l’ennesimo ‘no’ arrivato dal Quirinale in tema grazia. “Secondo ricostruzioni che filtrano da Arcore – scrive Magri -, il Quirinale avrebbe mandato a quell’ora segnali di netta chiusura sul punto che in questa fase più interessa a Silvio, vale a dire la cancellazione delle pene accessorie. Come massimo, così hanno riferito gli ambasciatori, Napolitano potrebbe risparmiare a Berlusconi la pena principale. Purché il condannato, come fu detto nella nota del 13 agosto, con umiltà incominci a scontare la sua pena”.
Un altro ‘no’ poi alimenterebbe ulteriormente l’irritazione del Cavaliere ed è il ‘no’ del Pd: no ad allungare i tempi in giunta e no a trovare una via d’uscita che salvi il seggio e la candidabilità di Berlusconi. E, dulcis in fundo, la decisione della Corte d’Appello di Milano,di esaminare già in autunno, verosimilmente ad ottobre, la riformulazione della pena accessoria decisa per Berlusconi dai giudici della Suprema Corte.
Indizi, indicazioni che individuano in venerdì 6 settembre il giorno di fine dell’attuale esecutivo. Viste le oscillazioni berlusconiane potrebbe andare così come potrebbe esserci un nuovo o più ripensamenti, in fondo non passa giorno o quasi che sul tema da Arcore non trapelino notizie diametralmente opposte. Con il risultato, questo sì acquisito, di un marcato effetto “al lupo, al lupo!”, cioè si grida tante volte al pericolo di crisi di governo che quando arriva davvero il grido giusto nessuno ci crede e tutti pensano sia un’altra “esercitazione”. Effetto al lupo al lupo che trascina con sé inevitabilmente anche un effetto pancia strapiena, cioè non se ne può più di governo fino al 2015 a mezzogiorno e governo cade dopodomani alle sei del pomeriggio. Lunga vita o lunga agonia? La Snai della politica non quota più nessuno dei due risultati per eccesso e indigestione di “notizie”.