ROMA –Guidi: Io, fatta a pezzi per niente”. Così si sente l’ex ministra Federica Guidi ora che la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione per l’inchiesta che riguardava il suo ex compagno e che la portò alle dimissioni. Niente di penalmente rilevante in quella storia secondo i giudici romani. Aveva ragione la Guidi dunque, come aveva ragione anche il premier Matteo Renzi quando attaccò la Procura potentina da dove partirono le indagini, “a Potenza si fa un’inchiesta ogni quattro anni che non arriva mai a sentenza”, disse, anche se questo non bastò a convincerlo a prendere le difese dall’allora ministro dello sviluppo economico. Potenza fece partire l’inchiesta, i media pubblicarono le intercettazioni e le opposizioni, 5Stelle in testa, chiesero, ottenendola, la testa del ministro. Tutto però, si scopre oggi, per niente.
“Sono stata fatta a pezzi e costretta alle dimissioni — si sfoga in privato l’ex ministra come racconta Monica Guerzoni sul Corriere della Sera— E per cosa? Non c’era nulla in quella intercettazione. Non ero nemmeno indagata. E infatti, è finito tutto in una bolla di sapone”. “Ho sofferto troppo – continua la Guidi -. E adesso che mi sono ripresa la mia vita, mi interessano solo mio figlio, la famiglia e l’azienda. È stata dura, non voglio parlare di questa esperienza incredibile, non voglio saperne più nulla e non leggerò una riga che parli di me”. Un’amarezza assolutamente composta che non sarà, ovviamente, alleviata dalle scuse di chi l’ha ingiustamente accusata. I media che per giorni diedero grandissimo rilievo alla cosa hanno dedicato alla richiesta d’archiviazione spazi decisamente meno nobili, e difficilmente le opposizioni che allora confezionarono mozioni di sfiducia si cospargeranno il capo di cenere. Con la politica ha chiuso, rivendica quasi la Guidi. E per quanto il ‘doppiopesismo’ del Pd a suo tempo le fece male, non intende accendere polemiche: “È stata una cosa brutale, ma è andata”.
Ora le priorità sono la famiglia e la Ducati Energia, dove è tornata a lavorare al fianco del padre Guidalberto. “Faccio soprattutto la mamma. Sono serena, ma non so se questa ferita potrà mai rimarginarsi. Non nego che a livello umano le conseguenze sono state profonde e nemmeno una bella notizia come l’archiviazione può farmi piacere”. Ma come è si arrivati all’archiviazione, come si è passati da un quadro accusatorio tale da far dimettere un ministro ad nulla di fatto?
In fondo in modo relativamente semplice, anche l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino è stato protagonista di una vicenda simile: accusato di aver usato impropriamente soldi pubblici, fu costretto dal suo stesso partito, il Pd, alle dimissioni. La successiva inchiesta lo ha totalmente scagionato. Nel caso della Guidi la svolta è arrivata il 10 gennaio, quando la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione dell’indagine che aveva coinvolto Gianluca Gemelli, l’ex compagno dell’ex ministra, accusato nel marzo del 2016 di aver approfittato della carica della Guidi per interessi economici personali legati al progetto di un centro di estrazione petrolifera in Basilicata.
Secondo la procura di Potenza, quella che come detto aveva fatto partire l’inchiesta, Gemelli aveva interessi commerciali legati all’avanzamento dei lavori per la costruzione dell’impianto di Tempa Rossa, in Basilicata, che ai tempi dell’indagine erano bloccati da molti mesi a causa delle proteste di associazioni e comuni legate ai pericoli di inquinamento ambientale. Guidi non era stata indagata ma Gemelli sì, in sostanza per essersi approfittato della posizione della ministra, allora sua compagna.
L’archiviazione dell’indagine – che nel giugno scorso era passata dalla procura di Potenza a quella di Roma, per questioni di competenza territoriale – è stata chiesta dal pm Roberto Felici, che l’ha motivata spiegando che “Gemelli deriva la propria autorevolezza dal fatto di essere notoriamente il compagno del ministro Guidi, condizione che egli spende con una certa spregiudicatezza anche millantando, in modo più o meno esplicito, la possibilità di trarre vantaggio da tale sua condizione”, ma precisando che “aldilà di tali censurabili atteggiamenti non emerge che egli abbia mai richiesto compensi per interagire con esponenti dell’allora compagine governativa”.
L’archiviazione è stata chiesta anche per gli altri principali indagati nella vicenda, tra cui l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, ex capo di Stato maggiore della Marina militare italiana, e Nicola Colicchi, ex consulente della Camera di Commercio di Roma, che erano accusati di abuso di ufficio e associazione a delinquere per il loro presunto ruolo nello scambio di favori tra il ministro Guidi e la Marina, che secondo le ricostruzioni della procura era avvenuto con la mediazione di Gemelli. Per la serie, abbiamo scherzato.