L’AQUILA – Un terremotato su tre, almeno di quelli controllati dalla Guardia di Finanza, ha fatto la cresta sui soldi messi a disposizione dallo Stato per la ricostruzione. Con la complicità di tecnici e ditte che i lavori eseguivano molti aquilani hanno approfittato della disgrazia, della loro disgrazia si sono per così dire iper risarciti gonfiando fatture, inventando lavori e falsificando i documenti in modo da ottenere rimborsi a cui non avrebbero avuto diritto. Sottraendoli e distraendoli dalle vere esigenze di ricostruzione post terremoto. Uno su tre, anzi di più: una percentuale da togliere il fiato. Non resta da sperare che il campione statistico di indagine sia clamorosamente fuori fuoco: su 73 proprietari di case 28 sono stati chiamati a difendersi dall’accusa di truffa aggravata, sperare, ma chi di speranza campa…
Non ci sono solo quindi i “grandi” imprenditori che quando avvertono un terremoto sorridono telefono in mano e sdraiati sul letto pensando alla ricostruzione, ai soldi che gireranno e agli affari che si potranno fare. L’idea di trasformare la tragedia in occasione per fare qualche euro è venuta evidente a molti, persino tra chi il terremoto l’ha subito e non solo lontanamente avvertito. Persino tra chi ha avuto la casa danneggiata e, forse, qualche conoscente che sotto le macerie ha finito la sua esistenza. Persino una fetta di aquilani insomma ha fatto della disgrazia un’occasione per mostrare il suo lato peggiore.
L’indagine che ha svelato questa ragnatela di malcostume ha preso in esame 73 pratiche per la ricostruzione e tra queste, le Fiamme Gialle, hanno riscontrato ben 28 irregolarità. Cioè più di un terzo delle pratiche esaminate nascondeva una truffa ai danni dello Stato. Trait d’union di questo malaffare un piccolo imprenditore, così è registrato presso la Camera di Commercio. “Re” delle ricostruzioni, come lo definisce il Corriere della Sera, è il titolare di ditta individuale artigiana che, all’indomani del terremoto, era riuscito ad accaparrarsi un numero rilevantissimo di lavori privati di ricostruzione – oltre 160 cantieri – tanto da risultare secondo solo ad un paio di note società di capitali operanti nell’edilizia nella classifica degli affidamenti.
Questo piccolo “re” deve rispondere ora di truffa aggravata ai danni dello Stato e reati di falso nell’ambito dei lavori della ricostruzione. Nell’indagine condotta dalla Guardia di Finanza sono anche stati sequestrati denaro ed altri beni per un totale di 700 mila euro ed indagate, nel complesso, 43 persone tra proprietari d’immobili e tecnici, tra cui anche un amministratore di condominio.
I “trucchi” per approfittare dei fondi per le ristrutturazioni erano diversi: dalla rendicontazione di ponteggi che in realtà non erano stati montati sino all’attestazione di Stati di Avanzamento Lavori laddove i lavori invece non erano nemmeno iniziati. E poi false fatturazioni che raccontavano di prestazioni per l’esecuzione di opere edili e certificazioni di totale rifacimento di tetti a fronte invece di limitati lavori di sistemazione. E ancora fatture che attestavano i costi della protezione dei pavimenti durante i lavori e altre che attestavano, nello stesso cantiere, anche i costi di demolizione degli stessi. E poi stessa tecnica per i muri, dove si fatturava il rifacimento dell’intonaco e la demolizione del muro allo stesso tempo. Infine, almeno in un caso, allegata alla pratica di finanziamento è risultata inserita la documentazione fotografica tesa a comprovare l’utilizzo di ponteggi, riferibile ad un edificio diverso rispetto a quello interessato.
Un campionario di piccole e a volte ridicole truffe che si è rivelato sistema. Le Fiamme Gialle hanno impiegato oltre un anno per ricostruire il tutto, e il quadro che ne esce è assai avvilente. Non tanto per la scarsa intelligenza di chi fattura il rifacimento del muro e la demolizione dello stesso per ottenere soldi a cui non avrebbe diritto, d’altra parte come saggezza popolare insegna la mamma dei cretini è sempre incinta. Ma soprattutto perché ad approfittare dei finanziamenti sono stati gli stessi aquilani, proprio quei terremotati che persino nella disgrazia hanno pensato in primis al loro tornaconto. Vero è che per ognuno che rubava ce n’erano due onesti, almeno questo dicono i numeri dell’indagine, ma è comunque uno di troppo.