ROMA – Luca Sacchi ammazzato. Non si sa perché davvero ammazzato con un colpo di pistola alla testa. Qualcuno descrive o ipotizza lo scenario di una esecuzione, di una punizione capitale. Altri hanno immaginato uno scambio di persona. Nessuna delle mezze ipotesi fatte finora è davvero esaustiva e convincente. Perché Luca Sacchi sia stato ammazzato in una via di Roma, quel perché ancora non c’è.
Ma è stato ammazzato, su questo non ci piove. Ammazzato con un colpo di pistola alla testa. Ed ecco che arriva puntuale e precisa, quasi ovvia, questa frase dal carcere dove è l’accusato del’omicidio. La frase è: “Mi dispiace per l’accaduto, chiedo scusa”. Scusa???. Chiede scusa!!! Neanche avesse tamponato ammaccando la carrozzeria.
Difficile attribuire la paternità della frase “chiedo scusa” all’ideal tipo gomorriano cui si rifanno sui social i due rapinatori confessi e assassini secondo loro per caso. Oppure se attribuirla all’ideal tipo italiano dell’avvocato che le prova tutte, anche oltre il limite della plausibilità . O forse la genesi della frase per cui scusa, ti ho ammazzato è da attribuire all’ideal tipo irresponsabile-deficiente della comunicazione di massa cui piacciono tanto i titoli con scusa e perdono. Sta di fatto che quella frase, quel concetto, quella roba è stata pensata e messa in giro: l’ho ammazzato, ma chiedo scusa.
L’enormità , la spudoratezza, la blasfemia etica, la bestemmia morale e anche in qualche modo lo sfregio alla vittima, all’ammazzato e ai suoi parenti. Ma come, in quale mondo e modo possono essere accostati l’atto dell’ammazzare, dello sparare alla testa e il concetto di chiedere scusa? Può accadere nel nostro mondo ormai libero e sciolto da ogni rispetto e obbligo che non sia per se stessi. Anche se si è un se stessi che ha ucciso. Ho ucciso, chiedo scusa. Manca solo il “non volevo”, anzi c’è. E poi verrà anche il: quando vado a casa, abbiamo finito?
Chiedo scusa…il linguaggio perfettamente rappresenta il pensiero e la dimensione etica. Non solo nel caso di cui stiamo parlando. Fateci caso: sempre più spesso gli autori di un reato e/o i loro familiari e amici usano per descrivere e riassumere quel che è successo, quel che hanno fatto contro la legge e il prossimo l’espressione “fatto un casino”. Fatto un casino è la massima assunzione di responsabilità visibile e praticata. Un casino, cioè una confusione, un errore, una cosa andata a male. Cioè non ci fosse stato casino…tutto bene ok. Chiedo scusa…ho fatto un casino : non sono solo parole sono due dei dieci comandamenti scritti su tavole di pietra dell’uomo senza responsabilità , la specie sempre più diffusa. Â