ROMA –M5S: Nicola Cecchi, Emanuele Dessì e Rinaldo Veri. Tre ex illustri sconosciuti saliti agli onori delle cronache in questi giorni di presentazione delle liste elettorali. Il primo è il candidato anti-Renzi a Firenze, così ‘anti’ da aver avuto la tessera Pd e fatto campagna elettorale per il ‘Sì’ al referendum del dicembre 2016. Il secondo è anche lui candidato, e lo è nonostante le immagini che lo ritraggono con uno dei tanti bravi ragazzi Spada e nonostante si vanti di aver picchiato qualche rumeno, mentre il terzo è invece un uomo tutto d’un pezzo, un ammiraglio in congedo scelto per le sue competenze. Peccato fosse anche lui già in ballo in una amministrazione locale in una lista con i dem, e quindi, secondo M5S stesso incandidabile.
M5S e le sue liste, tu chiamale se vuoi… distrazioni. Tu chiamale se vuoi distrazioni cantava Lucio Battisti. Luigi Di Maio invece casi come questi non li chiama proprio, al massimo li battezza incidenti di percorso. Di Maio presenta Veri come il meglio del meglio e un’ora dopo si accorgono del pasticcio. Ma che controlli avevano fatto. E stessa storia con Cecchi. Incidente un po’ più pesante, un “frontale” quello con Dessì.
Sono le ‘distrazioni elettorali’ dei 5Stelle: distratti nel non accorgersi che l’ammiraglio presentato come super competente era già stato eletto in lista collegata al Pd. Distratti nel non sapere che l’anti-Renzi era in realtà un renziano ‘pentito’ (secondo Di Maio redento). Distratti nel non vedere i post e le foto che circolano comodamente in Rete e ritraggono i loro candidati in situazioni a dir poco sconvenienti. Errori in buona fede figli dell’inesperienza e della volontà di aprire a tutti i cittadini, diranno e dicono gli uomini del Movimento con il loro capo politico, nonché uomo che ha l’ultima parola sulle candidature, Luigi Di Maio. Ingenuità ed inesperienza che dopo un’intera legislatura suonano però ormai come una scusa non molto credibile. La verità è che sono distratti, anzi imprecisi, perché sono fatti così: genuini, al naturale…pecioni come si dice a Roma. E che vuol dire pecioni o arronzoni per tradurla in modo comprensibile al Sud? Vuol dire che arronzano, impecettano…le liste che fanno come quello che governano.
Se infatti alla loro prima prova i 5Stelle hanno scontato quelle che possiamo definire come le difficoltà dell’esordio e della prima volta, oggi quell’ingenuità e quell’inesperienza suonano come pressapochismo e superficialità. Dalle gaffes sui congiuntivi Di Maio è passato a quelle sulle candidature. E se Matteo Renzi con toni da campagna elettorale dice che i 5Stelle sono così a corto di uomini e competenze da cercare tra quelli del Pd, è vero che tre simili e macroscopici errori fanno riflettere sulla capacità organizzativa e di selezione del Movimento. Quel Movimento che ha legittime aspirazioni di governo. E allora se chi si propone di governare l’Italia non si accorge di aver candidato chi non poteva e/o voleva, e se ne accorge solo alla fine della conferenza stampa di presentazione dello stesso (l’ammiraglio Veri) confezionando una scena che nemmeno Totò aveva avuto l’ardire di mettere insieme, questo non può essere archiviato con un semplice ‘scusate ci eravamo sbagliati’.
Specie se gli sbagli poi sono più d’uno. Dopo Veri anche Cecchi, l’anti-Renzi di Firenze, ha un passato nel Pd. Lui sarà comunque in campo a differenza dell’ammiraglio perché si era candidato non con i dem direttamente ma con una lista civica che appoggiava l’allora candidato sindaco Nardella, e soprattutto perché non venne eletto. Ma se oggi Cecchi si difende dicendo che è stato sì nel Pd ma che lo ha lasciato proprio perché in disaccordo con Renzi, risulta singolare allora che nel dicembre 2016 fosse attivo nella campagna per il ‘sì’ al referendum. Un comportamento che fa sospettare in Cecchi più opportunismo che altro alla base delle sue scelte politiche. E poi Dessì, il candidato amico degli Spada. Ovviamente una forzatura perché definire amico di qualcuno un signore ritratto in un video è ovviamente poco e in tempo di campagna elettorale anche pretestuoso. Ma Dessì, che si difende dicendo che lo Spada in questione (uno dei tanti della famiglia indagato per ricettazione e violenza) lo ha incontrato solo nelle vesti di allenatore di boxe, chiarisce da solo qual è la sua pasta al netto delle amicizie.
“Per la terza volta in vita mia – scriveva Dessì nell’ottobre del 2015 – ho dovuto menare a un ragazzo rumeno a seguito di offese gratuite nella sua lingua madre. Purtroppo non si rendono conto che ormai le loro parolacce le capiscono tutti e nessuno ha voglia di farsi dire ‘succhiami il c…’ dal primo stronzo per strada o farsi sputare addosso. Erano in tre naturalmente, ma una volta cappottato il primo gli altri due hanno preferito ‘evitarè’… Se avessi fatto le stesse cose quando ero ragazzo nel mio quartiere, probabilmente oggi non la racconterei, il mondo cambia, ma non sempre in meglio”. Un comportamento e un modus operandi quello dei 5Stelle in tema di candidature che a Roma si definisce ‘da pecioni’, cioè superficiale, fatto di pressapochismo e con poca cura. Un modo di fare che è lecito immaginare riprodotto anche al governo, se governo a 5Stelle sarà.