ROMA – M5S mele marce non perde voti. Qualcuno sui giornali e nei partiti oggi si interroga se la scoperta delle “mele marce” (definizione di Luigi Di Maio) tra parlamentari e candidati M5S possa togliere aureola e quindi consenso il 4 di marzo quando si vota. Avranno la risposta tra pochi giorni, a stretto giro, entro venerdì, ultimo giorno di sondaggi elettorali pubblici. E la risposta sarà: no, le mele marce non costano voti a M5S.
Che siano cinque, sette o dodici le mele marce non importa e non cambia. Che una sia inquilino di fatto a scrocco, altra consista in un iscritto alla massoneria che aveva da buon massone tenuta coperta e nascosta la sua appartenenza e altre ancora costituiscano un gruppetto-gruppone di italianissimi del bonifico annullato, a buona parte dell’elettorato M5S non importa e non cambia.
Non costerà nulla in termini elettorali la scoperta che c’erano parlamentari e candidati M5S che facevano questo giochino: mostravano il bonifico del loro versamento, del versamento alla cassa pubblica di parte del loro stipendio e poi, dopo aver mostrato l’immagine del bonifico, annullavano il bonifico stesso e i soldi alla cassa pubblica…un’altra volta.
Non costerà nulla in termini elettorali nemmeno la circostanza ormai pubblica e rivendicata come inesorabile da Di Maio. Circostanza da Di Maio promessa al paese: dopo che si sarà votato e quando M5S conterà i suoi eletti, dovrà sottrarne una decina. Già, Di Maio ha fatto promettere a mele marce interne a vario titolo che se eletti si dimetteranno subito. Già, le mele marce restano in lista e , se votati, vanno in Parlamento.
Giunti lì, dimettersi è parola grossa, di certo non facile a farsi. Ci vuole tempo, il voto dell’Assemblea…E poi se si è eletti nel collegio plurinominale (proporzionale) subentra il primo dei non eletti M5S. Ma se la mela marcia è stata eletta nel collegio uninominale (maggioritario) alle dimissioni dell’eletto seguono nuove elezioni. Insomma un casino garantito e ambiguo nel futuro gruppo parlamentare M5S.
Ma a M5S non costerà nulla avere in lista mele marce che con tutta probabilità saranno parlamentari e tali resteranno a lungo. Nulla costa nulla a M5S elettoralmente. Per due tra i tanti motivi, per, diciamo così, due motivi pilastro.
Il primo lo esemplifichiamo con le parole di Mattia Feltri su La Stampa: “Popolo probo e laborioso produce da decenni, per coincidenza astrale una classe dirigente viziosa”. Feltri scrive che questa è una gigantesca e macroscopica e improbabile e implausibile illusione. Già, ma è quello a cui la gente, il popolo(?) ha bisogno di credere, ciò a cui la gente non può rinunciare. E’ il grande alibi nazionale: tutto sempre colpa di tutti gli altri tranne se stessi. La cosiddetta gente non rinuncerà all’idea di essere “i buoni” traditi e vessati dai “cattivi”. Pur di tenere in piedi questa certezza granitica quanto falsa voterebbe non solo un M5S con dentro mele marce, voterebbe anche un Belzebù andato a male.
Qualcosa di analogo accadde con Tangentopoli: la pubblica opinione, la società civile, la gente volle, ebbe bisogno di credere (e votare) chi le assicurava di essere innocente mentre gli unici a rubare erano i politici e (mai farli mancare) i poteri forti. Alla distribuzione e scialo illegale e immorale del denaro pubblico parteciparono allora per anni e anni milioni di italiani. E gli “effetti collaterali” di Tangentopoli bagnarono in rivoli di soldi decine di milioni. Altro che solo i mille o diecimila politici o famigli corrotti.
Ma questa verità non raccolse in fondo un voto, nemmeno fu detta. E se fu detta, fu respinta come blasfema e offensiva. Un quarto di secolo dopo si vota dunque il popolo probo e laborioso e…innocente.
L’altro motivo-pilastro per cui M5S non perde voti per mele marce è più semplice: la metà abbondante dell’elettorato M5S va alle urne per punire, cacciare, eliminare…Nulla toglierà loro questo piacere. Vanno per buttar giù, per tirare pietre al sistema, che vuoi gli freghi se sono pietre marce.