ROMA – Duecentocinquanta milioni per i padroncini dei camion, cento per i lavoratori socialmente utili di Napoli e Palermo, centoquaranta per i forestali calabresi e via dicendo. Sono le “mazzette di Stato” , o almeno così le chiama Massimo Gramellini su La Stampa. E in fondo questo sono, regalucci, tangentine, premi fedeltà, avanzi, mance… Un termine corretto, in fondo, non c’è, ma il senso lo rendono tutti quelli usati.
Sono i finanziamenti dati a destra e sinistra, piccoli che nascosti in una finanziaria, ad una lettura distratta, non si notano. Ma ci sono. Servono, come dice Gramellini, “a scongiurare le code natalizie di cotechini scaduti al passo del Brennero, gli assembramenti di masanielli nelle piazze del Sud e il consueto crepitio di fuocherelli estivi lungo i boschi della Sila”.
Ci sono, ci sono sempre state e, ahinoi, ci saranno probabilmente sempre. Altrove, in altre culture, assumono il nome di lobby e risultano meno antipatiche ma comunque ci sono. Non dovrebbe stupire quindi ritrovare i famigerati forestali calabresi, oltre 10.000 uomini, più di quanti forestali operano in Canada, quel ‘paesino’ che occupa quasi tutta la parte settentrionale del continente americano ed è ricoperto per larga parte da foreste, nella legge di stabilità. Non dovrebbe stupire che ai suddetti forestali, quelli calabresi, non quelli del Canada, la legge in questione destini 140 milioni l’anno. A partire dal 2017. E’ scritto nell’articolo 17, quello relativo alle politiche invariate, dove si rifinanzia l’intervento.
Non dovrebbe stupire se la finanziaria avesse la firma di uno dei tanti governi che si sono succeduti negli ultimi, che dire, 66 anni. E invece, quell’articolo 17 è nella legge di stabilità confezionata dal governo Renzi, quello del cambiamento, del cambiamo verso. E allora stupisce.
La legge di stabilità 2015 dice che le Regioni dovranno “risparmiare” 4 miliardi di euro. I governatori appena l’hanno saputo hanno prontamente informato tutti che la cosa era impossibile e che si sarebbe tradotta in nuove tasse locali. Il governo, in parte semplificando ma certo indicando una strada che spesso non viene percorsa colpevolmente, ha fatto sapere alle Regioni: problema vostro, i margini per tagliare ci sono, se lo fate bene, se non lo fate peggio per voi. Ed effettivamente, anche senza conoscere caso per caso, è legittimo ritenere che tutte o quasi le Regioni abbiano in pancia sprechi di varia natura. Dagli affitti inutili alle società partecipate, dagli appalti per le forniture alle tasse evase.
Ecco allora perché stupisce trovare i forestali, oramai sfortuna loro assorti ad archetipo del genere, nella legge di stabilità: perché sono, nella sostanza, quegli stessi sprechi che il governo chiede agli altri, e sé, di tagliare.
Già, perché la finanziaria in questione prevede risparmi anche per lo Stato centrale, per ben 6 miliardi. E sapendo che almeno una mezza miliardata è stata destinata ad interventi di questo genere, nasce spontaneo l’interrogativo: a cosa abbiamo rinunciato in cambio degli amati forestali?
E considerazione non del tutto di secondo conto: come si fa a pretendere che gli altri, le Regioni, cambino modus se lo Stato per primo non lo fa? Il famoso dare l’esempio anche per aver un minimo di credibilità.
“Ma non si era cambiato verso, come da annuncio? – scrive Gramellini – Si sarebbe tanto voluto, ecco. Ma la carne è debole e la fantasia immensa. Le regalie non sono state accolte nella Legge di Stabilità vera e propria, ma in apposite micronorme che le saltellano intorno tutte festanti. Micronorme, nome delizioso: fa pensare a un ninnolo, a un omaggio, a una carineria. ‘Amico forestale, gradirebbe una micronorma? Su, la prenda, per farci giocare un po’ i bambini. Microscatterà dal 2017, anche se (…) qui si cambia verso perché nulla cambi”.