ROMA – Risparmio privato e debito pubblico. Il primo, ovviamente, gli italiani lo considerano cosa loro, faticosamente acquisita e da conservare e difendere gelosamente, famiglia per famiglia. Il primo della coppia, il risparmio privato ha nome e cognome, anzi ha tanti nomi e cognomi quanti quelli degli italiani in carne e ossa.
Il secondo invece, il debito pubblico, non ha padri e madri, gli italiani lo considerano letteralmente di nessuno, per nulla e per niente cosa loro. Eppure dei 2.212 miliardi di euro di debito pubblico il 70 per cento, circa 1500 miliardi di euro, è nelle tasche nazionali dell’economia. Ma per la cultura della spesa che da questo punto di vista unifica tutto il ceto politico, tutti i partiti e i movimenti, cultura che pervade sia il Parlamento che i governi e Assemblee di Regioni e Comuni e ovunque sia tra i banchi del governo che dell’opposizione, cultura che è dei talk show e del pubblico dei talk show, cultura della gente, dei blog, dei giornali e dei giornalisti, delle caste e dei cittadini, di quelli di prima, quelli di adesso e quelli che dicono che domani tocca a loro…Per tutti in Italia la cultura è: il debito pubblico non è cosa nostra, non ci riguarda, chi se ne frega.
Il primo, il risparmio privato, è ovviamente più nei nostri cuori e nelle nostre tasche. Anche se non ne parliamo volentieri e, quando se ne parla, ci infastidisce non poco. Già, perché il risparmio privato, esclusi gli immobili, fa circa 4mila (quattromila) miliardi di euro accumulati e detenuti dagli italiani. Quattromila miliardi di patrimonio, case escluse, è cifra che non si adatta esattamente al racconto di un paese quasi allo stremo se non alla fame che molte propagande ogni giorno sviluppano a nenia.
Quattromila miliardi di patrimonio privato, case escluse, è cifra di un paese opulento. Che certamente ha quasi smesso di produrre ricchezza (i motivi sono molteplici, dalla bassa produttività alla scarsa capitalizzazione delle imprese, dal nanismo imprenditoriale al danno costante della Pubblica Amministrazione inefficiente, dalla poca ricerca al sindacalismo trasformato in eterna trincea dell’esistente, dal pizzo imposto dalle varie lobby professionali alla corruzione, dall’evasione fiscale alla mano morta del ceto politico…). Ma che ama, ama moltissimo, raccontarsi povero, molto povero. Come in realtà non è.
Non faremo, perché ingiusta e sommaria, la divisione quattromila miliardi diviso quaranta milioni di contribuenti fa centomila euro a testa come patrimonio e risparmio privato. Non è così, non esistono, non ci sono 4o milioni di italiani con 100mila euro da parte. Ma neanche è accettabile, perché immaginaria e improbabile, la divisione quattromila miliardi diviso 400 mila cittadini italiani ricchi, cioè il famoso un per cento che sempre e ovunque si prende tutto e lascia il 99 per cento a bocca asciutta. Farebbe 400 mila italiani con 10 milioni di euro a testa da parte e in tasca. Non è così, può consolare far finta di crederci, di credere a 400 mila “cattivi” ricconi. Ma non è così, non è così la società italiana.
I quattromila miliardi di patrimonio privato (quelli tracciabili peraltro) sono nelle tasche di milioni e milioni di italiani. Non tutti i quaranta milioni di contribuenti ma non certo solo 400 mila. Facciamo che dieci milioni di italiani non hanno un euro da parte. Gli altri trenta milioni ne hanno in misura variabile da fare quattromila miliardi tutti insieme. Un paese opulento che si impoverisce. Ma agli italiani piace censurare la prima parte della frase e lacrimare molto sulla seconda.