La norma salva-Fininvest riguarda 36 cause. Altro che migliaia!

ROMA – “Nell’ambito della cosiddetta Manovra è stata approvata una norma per evitare, attraverso il rilascio di una fideiussione bancaria, il pagamento di enormi somme a seguito di sentenze non ancora definitive, senza alcuna garanzia sulla restituzione in caso di modifica della sentenza nel grado successivo. Le opposizioni hanno promosso una nuova crociata contro, pensando che, tra migliaia di potenziali destinatari, si potrebbe applicare anche a una società del mio gruppo”. Così la nota ufficiale uscita da palazzo Chigi e firmata da Silvio Berlusconi. Non una chiacchiera da bar o una sparata da congresso, ma un comunicato ufficiale.

Comunicato che dice che ci sarebbero “migliaia di potenziali destinatari” della norma in questione. Falso. I dati della Cassazione relativi ai ricorsi pendenti dicono che ben lo 0.0004% dei procedimenti potrebbe essere interessato dalla norma definita “salva Mondadori”. E se le percentuali sono numeri astratti, tradotto in concreto, lo 0.0004% di cui sopra, corrisponde a 36 procedimenti, 35 se non si conta quello che preoccupa il premier. Difficile sostenere che la norma avrebbe interesse generale. Non migliaia, ma appena poche decine sarebbero i potenziali destinatari.

Le cause civili di valore superiore ai 20 milioni di euro, di cui la norma infilata nella manovra finanziaria e poi ritirata voleva bloccare l’esecuzione dopo la sentenza d’appello in attesa del ricorso in Cassazione sono poche quindi, pochissime. Oltre a quella nota a tutti che riguarda la Fininvest di Berlusconi e la Cir di De Benedetti, il cui verdetto d’appello è atteso nei prossimi giorni e che in primo grado aveva visto la condanna del gruppo del Cavaliere al pagamento di 750milioni di euro, cifra che verosimilmente sarà ridimensionata in appello ma che vedrà una nuova condanna per la Fininvest, ce ne sono solo altre 35.

A dirlo è la Cassazione, non i comunisti. Su un arretrato di circa 90mila contenziosi pendenti, quelli degli ultimi sei anni a cui sarebbe stata teoricamente applicabile la norma sono 142, cioè circa lo 0.0015% del totale. Ma attenzione, delle 142 cause 106 sono però assegnate alla sezione tributaria, riguardano cioè contenziosi relativi al fisco. Ne rimangono quindi 36, come detto l’equivalente dello 0.0004% dei procedimenti pendenti. Delle 106 cause tributarie 86 sono oltretutto ricorsi dell’Agenzia delle Entrate contro privati cittadini che hanno vinto in appello, e dunque in attesa della Cassazione non c’è nulla da riscuotere e le rimanenti 20 sono ricorsi di cittadini contro l’Agenzia delle Entrate che ha vinto i precedenti gradi di giudizio e attende di recuperare i tributi non incassati. La norma inserita in questo caso avrebbe bloccato i pagamenti a favore dello Stato impedendo al fisco di incassare almeno 400 milioni. Da questo si capisce che la paternità della tanto contestata norma non poteva essere di Tremonti.

I dati della Cassazione sono ufficiali, li pubblica il Corriere e ci ragiona il Sole24Ore ma, al di là delle stime precise, basta il buon senso per immaginare che le cause con pagamenti in gioco superiori ai 20 milioni di euro non possono essere migliaia. Solo una persona in malafede, o che vive fuori dal mondo può pensare che ci siano migliaia di cause civili con risarcimenti così alti. Berlusconi ci crede e lo ha comunicato all’Italia con una nota ufficiale.

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Alberto Francavilla