ROMA – Il merito questo sconosciuto. I soldi a lui destinati, 200 milioni, sono stati sepolti con gioia di tutti. Sepolti per essere “spesi meglio”, come dice la Cisl. Ma il meglio è nemico del bene ed evidentemente anche del merito. Così quel piccolo premio pensato per gratificare i docenti più bravi verrà usato a pioggia, per non scontentare nessuno.
Si tratta, come sottolineano tutti gli attori in causa escluso il governo, di pochi spiccioli. Ma dire il contrario obbligherebbe l’esecutivo a trovare altri fondi, quei fondi che insegnanti e sindacati chiedono perché i loro stipendi siano adeguati a quelli dei colleghi europei e ai parametri del costo della vita mentre, i 200 milioni appena dirottati, si sono tradotti in gratifiche nel migliore dei casi da 500 euro, lordi, annui.
Per pochi che siano sono spiccioli che però indicano e dicono molto su che paese siamo e su come intendiamo il lavoro. O almeno come lo intendono governo, in questo caso datore di lavoro, e sindacati, in questo caso lavoratori. Quelli dirottati da un emendamento targato 5Stelle per pochi che fossero erano infatti soldi che, con una piccola rivoluzione, servivano a premiare gli insegnanti migliori. Una riforma introdotta dal pacchetto Buona Scuola che, forse per la prima volta nel nostro Paese, non dava soldi indistintamente ad una categoria tutta, ma solo a quelli più bravi.
Certo, si potrà sempre discutere sui criteri e sulle modalità della scelta dei migliori e pensar male e peggio, in fondo siamo il Paese delle ‘amicizie’, ma al netto di questo l’intento era chiaro e persino rivoluzionario: premiare il merito. E ha trovato un’opposizione compatta. Così, con un emendamento alla legge di Bilancio approvato nei giorni scorsi sarà abolito il bonus docenti, e le risorse saranno spostate sul Fis (fondo d’istituto e autonomia scolastica) ritornando nella disponibilità della contrattazione di istituto e dunque ai docenti, come ha spiegato il sottosegretario all’istruzione Peppe De Cristofaro. Emendamento presentato dalla pentastellata Vilma Moronse.
Da oggi allora, anche se sulle date c’è un po’ di confusione visto che la legge di Bilancio opera dal primo gennaio e l’anno scolastico va invece da settembre a giugno, quei 200 milioni che dalla riforma renziana erano andati a circa un insegnante su tre, traducendosi in gratifiche comprese tra i 200 e i 500 euro lordi l’anno, andranno in un fondo che alla fine si tradurrà in 50 euro lordi ciascuno. Il tutto in nome di un principio di uguaglianza che, inevitabilmente, penalizza il merito e anzi lo scoraggia, perlomeno a scuola.