BRUXELLES – Quattro appuntamenti cruciali per l’euro e per l’Europa concentrati in sole 24 ore il prossimo 12 settembre. Giorno che si preannuncia come un nuovo D-Day per il vecchio continente. Una data comunque decisiva, nel bene o nel male, il punto di partenza per una nuova fase di crescita o l’ennesimo, verosimilmente definitivo, salto di qualità della crisi in cui la moneta unica si dibatte.
Il secondo mercoledì di settembre gli occhi dell’Europa e del mondo saranno puntati su Berlino, Bruxelles e L’Aia. Sarà il giorno in cui la Corte Costituzionale tedesca si pronuncerà sulla legittimità degli acquisti di bond e sul fondo salva Stati Esm; sarà il giorno delle elezioni olandesi dove una vittoria dei “rigoristi” potrebbe ostacolare proprio il fondo salva Stati e sarà il giorno di due importanti appuntamenti “istituzionali” europei: il discorso programmatico sullo stato dell’Unione del presidente José Barroso e il giorno in cui la Commissione Ue conta di presentare la sua proposta per l’Unione bancaria con la supervisione coordinata dalla Bce. Un concentrato di eventi che ha suggerito alla presidenza cipriota di allungare la sessione dell’Eurogruppo prevista in quella date e che ha fissato proprio all’indomani del D-Day, il 13 settembre, una riunione informale dei ministri dell’economia dell’Ue. Riunione che, all’indomani di una giornata simile, sarà utile per fare la conta dei danni o, speriamo, un punto di partenza di una nuova fase.
Paragone forse azzardato quello con lo sbarco degli Alleati in Normandia, allora gli anglo-americani dovevano scacciare lo spettro nazista dall’Europa e, in quella guerra, il 6 giugno rappresentò un punto di svolta non solo militare ma anche simbolico. Oggi, a quasi 70 anni di distanza, lo spettro da scacciare non è quello della croce uncinata, ma quello dello spread e il 12 settembre sarà una data certamente da ricordare nella storia europea. Una data nella cui attesa molte decisioni restano congelate.
Il primo appuntamento sarà quello con l’importantissima decisione della Corte di Karlsruhe sul fondo salva-stati permanente Esm. La cancelliera Angela Merkel riuscì a farlo ratificare al Bundestag il 29 giugno, ma la massima magistratura costituzionale del Paese lo congelò per due mesi e mezzo in attesa di valutarne la compatibilità con la costituzione tedesca e, alla decisione dei magistrati di Berlino, è legata la nascita stessa del fondo. La messa in moto dell’Esm richiede infatti almeno il 90% del capitale garantito e senza la Germania, che è titolare del 27,1% delle azioni, sarebbe destinato evidentemente a finire nel dimenticatoio.
E poi gli olandesi, che proprio il 12 settembre andranno al voto, con il premier uscente liberal conservatore Rutte che sta facendo campagna elettorale al grido “niente aiuto a chi sperpera” puntando a calamitare i voti, non pochi, degli euroscettici d’Olanda. Sempre il 12 settembre poi, a Strasburgo, il presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso pronuncerà il suo discorso programmatico sullo stato dell’unione. Discorso il cui tono, i contenuti e il livello d’ambizione riveleranno molto sulla direzione e la strada che l’Europa vuole imboccare. Barroso poi avrà credibilmente in mano la proposta per l’Unione bancaria, la supervisione unica affidata alla Bce che il collegio vuol varare fra l’ll e il 12 settembre. Un crocevia centrale che i leader sperano di rendere operativa già entro l’anno.
Il 12 settembre non sarà il giorno finale della crisi, né in senso positivo né in senso negativo. Gli spread non si azzereranno per magia se tutti gli appuntamenti in agenda saranno forieri di buone notizie né gli stati falliranno uno dopo l’altro se, al contrario, si arriverà al 13 settembre con un nulla di fatto. Ma, come il 6 giugno del 1944 non segnò la fine della seconda guerra mondiale ma un punto, netto, di svolta, allo stesso modo il prossimo 12 settembre molto ci dirà del futuro che attende noi europei.