ROMA – Spending review : i numeri dicono che l’Italia è spendacciona, anzi che c’è un’Italia, quella pubblica, in ossessione compulsiva da “compra/compra”: solo nel 2011 sono stati spesi 140 miliardi di euro per acquisti di beni e servizi della Pubblica Amministrazione, un conto obiettivamente salato. Limarlo sembrerebbe un sano intento, ma non tutti sono d’accordo, sindacati in testa. E non sono d’accordo le organizzazioni sindacali perché si battono affinché non ci siano troppi licenziamenti di pubblici dipendenti, in realtà non previsti, se saranno saranno spostamenti e pre pensionamenti. Affinché la qualità dei servizi della Pubblica Amministrazione non decada, impresa peraltro quasi impossibile, con ovvi danni per i cittadini. Ma i sindacati sono furenti (“L’ira dei sindacati” era il titolo più gettonato sui siti martedì) anche perché tra i capitoli di tagli ce ne sono diversi dedicati proprio ai sindacati: meno soldi ai Caf, meno permessi sindacali e meno fondi ai patronati.
Sono furenti e innervositi i sindacati nel merito e nel metodo: l’altro giorno a Palazzo Chigi, subito dopo che Monti e Bondi avevano fatto presente che c’erano tra i venti e i trenta miliardi di sprechi negli acquisti, Raffaele Bonanni, leader Cisl, ha detto più o meno: “Siamo interessati, apriamo tavoli di confronto”. Insomma Bonanni voleva fosse io sindacato a decidere e timbrare quale spreco via, quale no, come e quando. Monti, ammaestrato dalla vicenda della riforma del lavoro, sa che se apre tavoli non li chiuderà mai. Quindi ha lasciato cadere e questo ha irritato parecchio sia Bonanni che la Camusso che Angeletti. L’idea di essere consultati, informati ma privati del potere di firma e di veto è per i sindacati italiani oltraggio politico e quasi personale.
Comunque che esista un’Italia che “stracompra” quando paga con i soldi pubblici nessuno lo può negare, neanche Cgil, Cils ed Uil: negli ultimi 5 anni la spesa dei Ministeri è aumentata del 17%, quella dei Comuni del 23%, quella delle Regioni del 37% e quella della Sanità addirittura del 50%. Aumenti a cui sono corrisposti servizi migliori? Non si direbbe. Aumenti giustificati da un pari aumento dei costi generali? Assolutamente no. Aumenti quindi ingiustificati e perciò “tagliabili”.
Ovvio in teoria ma molto meno ovvio nella pratica. L’Italia dello spreco è detestabile e condannabile a chiacchiere, ma quando si tratta davvero di mettere mano alle forbici le proteste si levano numerose. Per la serie “tagliare sì, ma non a me”. E così i più inviperiti sono oggi i sindacati. Sul piede di guerra per i paventati licenziamenti, per i tagli in genere e anche per i tagli a loro diretti.
Scrive il Sole24Ore: “Stretta sulle prerogative sindacali nella pubblica amministrazione: permessi sindacali, compensi ai Caf e ai patronati finiscono nel mirino della spending review. (…) In aggiunta ai tagli operati dall’ex ministro Brunetta, è prevista un’ulteriore riduzione del 10% da gennaio del 2013. Per i Caf, inoltre, il compenso scende da 14 a 13 euro per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e da 26 a 24 euro per l’elaborazione e la trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta. Il testo prevede anche che i trasferimenti a favore dei patronati siano ridotti ‘complessivamente e proporzionalmente’ del 10% da quest’anno. (…) Queste misure sono contenute nel decreto redatto prima del vertice con le parti sociali”.
Tagli quindi anche per le organizzazioni sindacali che non la prendono bene, affatto: “Con ulteriori tagli ai patronati saremmo impossibilitati a garantire i servizi ai cittadini e ciò avrebbe ricadute sulle prestazioni nei loro confronti”, afferma Morena Piccinini, presidente dell’Inca-Cgil. “Siamo molto preoccupati per queste voci – aggiunge Piccinini-. Abbiamo già subito un taglio di 90 milioni di euro. Con ulteriori tagli ci sarebbero ricadute anche per gli enti che ci chiedono di svolgere sempre più attività. Inoltre abbiamo 1.700 risorse sul territorio e in caso di tagli ci troveremmo a dover intervenire”.
Governo cattivo che se la prende con le associazioni dei lavoratori? A dire il vero così non sembrerebbe perché i tagli non riguardano certo solo i sindacati e, in più, il decreto conterrebbe anche una sorta di contropartita per le associazioni sindacali: cioè il rafforzamento del ruolo dei sindacati nei processi di riorganizzazione degli uffici che comportino l’individuazione di esuberi o l’avvio dei processi di mobilità.
“Per questi casi nella riforma Brunetta era prevista una semplice comunicazione al sindacato – spiega ancora il quotidiano di Confindustria – mentre nel testo del governo viene ripresa una parte del Ddl delega del ministro della Pa, Filippo Patroni Griffi, recepito dall’accordo del 3 maggio con i sindacati, finora rimasto lettera morta. In base al nuovo articolo le pubbliche amministrazioni sono tenute a dare informazione e avviare una procedura d’esame congiunto, su richiesta delle organizzazioni sindacali rappresentative del settore interessato, previa comunicazione preventiva per iscritto alle stesse sigle delle ragioni della riorganizzazione e gli effetti che avrà sui rapporti di lavoro. Nel testo resta confermata l’autonoma capacità di determinazione da parte dell’amministrazione. Si tratta di una norma molto attesa dal sindacato, che da tempo preme per il recepimento dei contenuti dell’accordo del 3 maggio”.
Meno soldi ai Caf gestiti dai sindacati che raccolgono circa 17 milioni di dichiarazioni fiscali e anche distacchi e permessi sindacali tagliati del 10 per cento che nel 2010 sono costati 151 milioni e sono equivalsi a 4.569 lavoratori in meno nella Pubblica Ammnistrazione e riduzione del 10 per cento dei fondi trasferiti ai Patronati. Ad occhio almeno una ventina di milioni di euro in meno per i sindacati e, soldi a parte, un dito nell’occhio dei sindacati stessi. Cgil, Cisl e Uil non ne avevano bisogno per schierarsi contro il governo, lo facevano già da prima con convinzione e ora…pure con quel dito nell’occhio.